L’Italia è chiamata a fare la sua parte
Si è conclusa a fine novembre 2020 la conferenza internazionale sulle Indicazioni Geografiche organizzata dalla DG Agri in collaborazione con la EUIPO della Commissione Europea (a fianco le infografiche riassuntive dell’evento). Esperti, decisori politici, funzionari della PA, operatori ed organizzazioni hanno dato vita ad un confronto di alto livello che ha confermato come oggi il settore agroalimentare di qualità si trovi al centro di un forte dibattito politico e normativo internazionale e in particolare come le Indicazioni Geografiche rappresentino il nucleo di questa discussione.
In questo contesto l’Italia, in quanto leader mondiale dei prodotti DOP e IGP, ha la responsabilità – politica ed economica – di far sentire la propria voce al fine di incidere significativamente sulle riforme in atto che segneranno il decennio a venire. Il momento di fare sistema è arrivato e l’Italia deve farsi trovare preparata.
Sul piano internazionale la Commissione Europea, con il prezioso supporto di oriGIn, sta lavorando alla negoziazione e ratifica di numerosi accordi internazionali e bilaterali sul riconoscimento reciproco e la tutela delle IG. Intensi negoziati si stanno svolgendo con partner potenzialmente strategici come Australia, Nuova Zelanda, Indonesia e Cile mentre sono in fase di ratifica accordi con partner economici strategici quali la Cina, il Canada, il Messico e il Mercosur. Desta particolare preoccupazione la guerra commerciale dei dazi fra Unione Europea verso Stati Uniti e Russia, nonché il destino ancora incerto legato all’esito dei negoziati sulla Brexit. Temi internazionali questi molto delicati in quanto i paesi interessati rappresentano i mercati principali dell’export italiano.
Sul fronte europeo, se possibile, le sfide e le opportunità sono ancora maggiori. Il complesso impianto architettonico messo in piedi dalla Commissione Europea con il cosiddetto Green Deal avrà, infatti, notevoli ricadute anche sulle IG. Si tratta di un programma di rilancio dell’economia europea in chiave sostenibile. Non a caso, il patto mira a raggiungere la neutralità climatica dell’UE entro il 2050. In linea con lo spirito che ispira gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, il Green Deal traccia la via da seguire per il conseguimento di un’economia circolare, efficiente e sostenibile, senza trascurare il rafforzamento dei meccanismi che garantiscano a tutti i cittadini europei di vivere in una società inclusiva, giusta e prospera.
In questo contesto si inserisce la strategia “Farm to Fork” (“Dal produttore al consumatore”, F2F) che costituisce, assieme alla Strategia sulla Biodiversità, una delle colonne portanti su cui si regge la “Green Architecture” europea. Il programma ha l’obiettivo di rendere, entro il 2030, il sistema alimentare dell’UE – già all’avanguardia dal punto di vista della sicurezza alimentare e della qualità – uno standard a livello globale anche in termini di sostenibilità. Per far ciò, il piano decennale si servirà di un approccio inclusivo, integrato e olistico che abbracci tutta la filiera alimentare, dall’agricoltore (o pescatore) fino alla tavola dei consumatori. Numerose sono le sfide che la strategia pone all’intero sistema delle IG, a partire dall’etichettatura semplificata del cd. Nutriscore per finire ai nuovi standard di sostenibilità ambientale, economica e sociale.
A fungere da collante fra la struttura portante e i due pilastri vi è la riforma della nuova Politica Agricola Comune (PAC) per il periodo 2021-2027, presentata dalla CE nel 2018. Seppur con un budget ancora da approvare (ma attualmente inferiore rispetto a quello precedente), la futura PAC si pone come volano per l’implementazione delle misure previste dalla strategia F2F ed il conseguimento degli obiettivi posti dal Green Deal, grazie ai suoi nuovi nove obiettivi che dovranno essere implementati a livello nazionale attraverso i Piani Strategici (cosiddetti Delivery Model) in cui sarà necessario inserire misure strategiche atte a potenziare ed innovare il comparto delle DOP IGP italiane.
Ma non finisce qui. In questo momento a Bruxelles si sta discutendo anche della riforma sull’intero sistema IG europeo, abbracciando una nuova frontiera: quella delle IG non-agroalimentari. Appare chiaro che le ricadute sull’intero comparto sono enormi. Ma enormi sono anche le possibilità di consolidare ed affermare i prodotti italiani DOP e IGP in nuovi contesti, come, ad esempio, quello della sostenibilità anche ambientale e nutrizionale dei prodotti o di una tutela più incisiva per il commercio online delle Indicazioni Geografiche.
Alla luce di quanto detto, a livello nazionale è necessario intraprendere nuove attività, a partire proprio dalla ripartenza postpandemica, per passare dal Testo Unico sui Consorzi di tutela, dal rilancio del made in Italy, dalla diffusione e la conoscenza dei prodotti DOP IGP, (nonché dei loro pregi e qualità) presso una fetta più ampia di consumatori, senza dimenticare lo sviluppo di accordi di filiera che coinvolgano strategicamente la GDO. Servono anche attività di formazione dei produttori e supporto alle IG del Meridione in modo che i Consorzi di tutela possano strutturarsi in un modo più efficace ed ottenere maggiore visibilità e peso specifico nei mercati.
L’orizzonte verso nuove frontiere è già tracciato e costituisce un treno che né l’Italia né il comparto delle eccellenze agroalimentari italiane possono perdere. Insomma, il futuro è già qui. Siamo pronti ad assumercene la responsabilità?
Mauro Rosati
Direttore Editoriale di Consortium
Fonte: Consortium 2020_04