Il Consorzio della Barbera d’Asti e vini del Monferrato tutela anche una dozzina di eccellenze dell`enologia piemontese: dallo storico Grignolino al rampante Ruché. E’ l`astigiano la terra promessa per le piccole grandi DOP. E’ un viaggio che non può (non dovrebbe) mancare, nell`itinerario di un vero enoturista. Anche perchè, a differenza di altri territori, può essere portato a termine anche in una sola giornata, o più comodamente in un week end. L`Astigiano, tra Monferrato e Langa, propone la suggestione di un percorso collinare tra una dozzina di “piccole”DOP , senza contare naturalmente i “colossi” Barbera e Asti (spumante e Moscato). Un viaggio di neanche 100 chilometri, tra i due poli di una provincia che ha (guarda caso) la conformazione di un grappolo d`uva.
Dal Nord (Albugnano 549, la quota di collocazione dei vigneti che si affacciano fin sulla collina torinese e con cui si produce il Nebbiolo astigiano: 40-50 mila bottiglie per ora, in poco più di una trentina di ettari), terra anche di Freisa e Malvasia, fino ad arrivare a Loazzolo, altra “vetta” astigiana, stavolta tra Langa e Val Bormida, sopra Canelli, dove si produce la più piccola DOP d`Italia, un Moscato passito da prenotare visto che la produzione è ristretta a qualche migliaio di bottiglie e le viti si coltivano si terrazzamenti impervi di un paio di ettari. E attraverso questo immaginario percorso per quelli che adesso (con un termine più alla moda) si chiamano “wine lover” si possono fare soste e deviazioni tra il Monferrato astigian-moncalvese e casalese a gustare lo storico Grignolino (ha la patria riconosciuta a Portacomaro, il paese degli avi di papa Francesco, a cui è stata dedicata anche una vigna, di Grignolino, ovviamente) o tra le zolle dei vigneti del vicino Ruchè di Castagnole Monferrato, riscoperto negli Anni `80 dal parroco Giacomo Cauda e dall`allora sindaco Lidia Bianco) o verso il Roero astigiano, nelle Terre Alfieri dove si producono Arneis e Nebbioli straordinari. O ancora più a Sud, col Nizza, diventato la bandiera della Grande Barbera.
Ma pochi sanno che dietro a questo culto ritrovato dei “vitigni autoctoni” c`è un illuminato e meticoloso lavoro di promozione svolto dal Consorzio di tutela guidato da Filippo Mobrici (rappresenta circa 350 aziende e un totale di 65-70 milioni di bottiglie). “Abbiamo ridato dignità e valore a produzioni che in alcuni casi restano di nicchia, ma sono diventate l`emblema, la bandiera dei nostri paesi» assicura Mobrici. E il 2020 riserverà molte sorprese e tanti nuovi eventi per i sempre più numerosi turisti del vino che si avventurano sui sentieri delle vigne tra Monferrato e Langa”.
Fonte: La Stampa