Le feste, un classico dell’autunno, sono già cominciate in Garfagnana, e anzi questa fine settimana sarà proprio il clou, dagli Appennini del Mugello all’Amiata, alla Val d’Orcia e alle Crete. Dove però l’aria è tiepida: per castagne e marroni non sarà un anno tragico come in altre regioni, dove si è perso addirittura il 90 per cento del raccolto, vedi la Campania; ma ai danni dagli attacchi del terribile cinipide galligeno (che l’antagonista buono, il torymus sinensis, in quattro anni di strenue battaglie non ha ancora debellato) si uniscono quelli possibili da Gnomo Gnosis, un fungo che rende il frutto nero di muffa e immangiabile, e poi la stagione – questa estate secca non ha favorito la maturazione – e infine il solito problema di tutte le coltivazioni, gli ungulati. Ed è proprio l’andamento meteo-climatico che potrebbe compromettere la produzione sull’Amiata. Qui, nei prossimi giorni, l’assessore regionale all’agricoltura Marco Remaschi, incontrerà associazioni di categoria, produttori e istituzioni locali per fare il punto della situazione della castanicoltura in quell’area dalla quale stanno giungono segnali di forte preoccupazione se non di allarme».
Il Castagno – una volta era «l’albero del pane», Senofonte lo definì così nel IV secolo a.C. – ha un ruolo non secondario nell’economia della montagna, che in Toscana è area vasta e importante: sui 15 prodotti made in Italy, ben cinque si trovano in Toscana, e sono il Marrone del Mugello IGP, che proprio quest’anno festeggia i venti anni dal riconoscimento del marchio europeo di tutela, il Marrone di Caprese Michelangelo DOP, la Castagna del Monte Amiata IGP, la Farina di Neccio della Garfagnana DOP e la Farina di Castagne della Lunigiana DOP. Più tutto il castagneto non coperto da denominazione, tra la Montagna Pistoiese, i Monti del Chianti, la Maremma. In movimento per ottenere un «bollino» anche la ripresa di produzione del Marrone di Rivalto sulle colline di Chianni, in Valdera.
Oltre a clima e parassiti anche gli ungulati provocano seri danni con 177mila ettari (di cui 33mila a frutto e circa la metà in coltivazione) sui 780mila complessivi, la Toscana è la prima regione d’Italia, per quantità e qualità. La produzione di quest’anno dovrebbe aggirarsi sulle 20mila tonnellate, con un calo del 30%, è la stima di Coldiretti, sulla discreta ripresa del 2015, che aveva fatto seguito alla drammatica stagione 2014, quando si era toccato il minimo storico dall’Unità d’Italia: cifra ben lontana dalle 100mila tonnellate di sessant’anni fa, ma che comunque assicura una produzione lorda vendibile di circa 90 milioni di euro, calcolata – stima ancora Coldiretti – su una quotazione all’ingrosso tra i 4,5 e i 5,5 euro al chilo, in lieve aumento, con un prezzo di 7 euro al chilo per il consumatore finale. Ma Coldiretti lancia un allarme: con la frenata della produzione nel centro-sud, oltre al danno economico, si profila il rischio di trovarsi nel piatto, senza saperlo, castagne straniere provenienti soprattutto dalla Spagna, dal Portogallo, dall’Albania. Da qui la richiesta di assicurare più controlli sull’origine delle castagne messe in vendita in Italia. Per evitare che diventino tutte, incredibilmente, tricolori.
Fonte: QN