Mentre l’export del settore agroalimentare italiano mostra segni di declino, le produzioni di alta qualità a marchio Dop e Igp continuano a macinare incassi. Secondo il rapporto del Centro studi di Confagricultura , su dati Qualivita/Ismea, l’export di questi prodotti nel 2017 ha raggiunto i 3,5 miliardi di euro; l’88% in più rispetto al 2010. Nello stesso periodo il settore agroalimentare nel suo complesso è cresciuto a velocità assai più ridotta: +47,6%. In crescita anche il valore alla produzione che nel 2017 ha toccato i 6,9 miliardi di euro: un miliardo in più rispetto al 2010. In questo caso, però, è negativo il valore medio (euro per chilo) che si attesta al -0,62%: questo perché nel frattempo sono aumentate le produzioni che hanno ottenuto il marchio DOP o IGP dall’Unione Europea.
A trainare l’intero settore sono i prodotti lattiero caseari. Ma nello specifico stiamo parlando di due formaggi in particolare: il Parmigiano Reggiano DOP e il Grana Padano DOP che insieme toccano quota 2,6 miliardi di valore alla produzione. In questa graduatoria il 2017 è stato anche l’anno del grande sorpasso: il Parmigiano Reggiano DOP ha infatti tolto al Grana Padano DOP la corona di produzione a maggior valore. Dopo i due celebri formaggi il terzo gradino del podio è saldamente occupato dal Prosciutto di Parma DOP (850 milioni, ma nel 2010 erano 900). Seguono la Mozzarella di Bufala Campana DOP (391 milioni di valore alla produzione), Aceto balsamico di Modena IGP (390) e Gorgonzola DOP (356) che nel giro di pochi anni ha scavalcato il Prosciutto di San Daniele DOP e la Mortadella Bologna IGP.
L’Italia resta il primo Paese per numero di prodotti a marchio DOP e IGP: 297 contro i 249 della Francia e i 193 della Spagna. Nel 2018 la UE ha riconosciuto al nostro Paese quattro nuovi marchi; altrettanti alla Francia e tre alla Spagna. Il ritmo di crescita è molto simile: dal 2010 al 2018 il numero di alimenti DOP e IGP è cresciuto tra il 35 e il 36,9% nei primi tre Paesi.
Ma il settore italiano è contraddistinto da una grande quantità di micro-produzioni. I primi dieci prodotti, infatti, valgono l’80% della produzione e il 92% dell’export. Agli altri restano solo le briciole. Di formaggio.
Fonte: La Repubblica