I produttori francesi di Champagne ricorrono alla Corte europea contro il French Sounding utilizzato in Spagna da alcuni tapas bar, attraverso la denominazione Champanillo. E l’avvocato generale Giovanni Pitruzzella propone alla Corte di dichiarare che il diritto dell’Unione tutela i prodotti DOP contro tutte le pratiche di parassitismo commerciale aventi ad oggetto indifferentemente prodotti o servizi. E la questione ritorna a bomba a tutti i Paesi nazionali costituendo un precedente importante.
La Corte non risolve la controversia nazionale. Spetta infatti al giudice nazionale risolvere la causa conformemente alla decisione della Corte. Tale decisione vincola egualmente gli altri giudici nazionali ai quali venga sottoposto un problema simile.
Quindi non solo, direttamente, i prodotti interessati, ma anche eventuali servizi che possano ‘approfittare’ dell’immagine afferente alle DOP e IGP europee.
Comité Interprofessionnel du Vin de Champagne, organismo che cura gli interessi dei produttori di champagne, si è rivolto alle giurisdizioni spagnole per impedire l’utilizzazione della parola «CHAMPANILLO» riferita, in particolare, ad alcuni «tapas bar» (locali di ristorazione) in Catalogna (Spagna).
L’Audiencia provincial de Barcelona (corte provinciale di Barcellona, Spagna), adita in appello, ha chiesto alla Corte di giustizia di interpretare il diritto dell’Unione in materia di tutela dei prodotti coperti da denominazione di origine protetta (DOP), quale la denominazione «Champagne», in una situazione in cui il termine in conflitto («CHAMPANILLO») è utilizzato per designare non dei prodotti ma dei servizi.
Nelle sue conclusioni odierne, l’avvocato generale Giovanni Pitruzzella propone alla Corte di dichiarare che il diritto dell’Unione tutela i prodotti DOP contro tutte le pratiche di parassitismo commerciale aventi ad oggetto indifferentemente prodotti o servizi.
L’avvocato generale premette che al caso in questione è applicabile il regolamento sull’organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli1.
L’avvocato generale osserva che la DOP «Champagne» e il nome controverso «CHAMPANILLO» presentano indubbiamente un certo grado di somiglianza visiva e fonetica, in particolare se si tiene conto del fatto che «Champán» è la traduzione in spagnolo della DOP in questione. Ciò posto, l’avvocato generale ricorda che il livello di somiglianza visiva e fonetica tra i termini in conflitto dev’essere prossimo all’identità affinché si possa parlare di «uso» di una DOP ai sensi del regolamento2. Nel caso di specie, però, il suffisso «illo» distingue, visualmente e foneticamente, il termine «CHAMPANILLO» dagli altri termini a raffronto. L’avvocato generale, pertanto, esclude che il termine «CHAMPANILLO» costituisca «uso», ai sensi del regolamento, della DOP «Champagne».
L’avvocato generale rileva che il regolamento vieta non solo l’uso indebito di una DOP ma anche, più in generale, ogni pratica, attinente a prodotti o a servizi, diretta a sfruttare in modo parassitario la reputazione di una DOP tramite un’associazione mentale con essa. In particolare, il regolamento vieta l’evocazione indebita della DOP.
L’avvocato generale puntualizza che ciò che conta per stabilire se vi sia evocazione di una DOP è il fatto che il consumatore europeo mediamente avveduto sia indotto ad effettuare un’associazione mentale tra l’elemento controverso riferito al prodotto o al servizio in causa, da un lato, e il prodotto DOP, dall’altro3. Pertanto, se il giudice nazionale, al quale spetta condurre tale valutazione, basandosi sulla presunta reazione del consumatore, giunge alla conclusione che quest’ultimo è indotto, in presenza dell’elemento controverso (nella specie, il nome «CHAMPANILLO», riferito a un servizio di ristorazione), ad «avere direttamente in mente, come immagine di riferimento», la merce protetta dalla denominazione registrata (nella specie, lo champagne), l’uso di tale elemento è vietato dal regolamento. Se, invece, a giudizio di detto giudice, una siffatta associazione di idee non può realizzarsi, un’evocazione ai sensi del regolamento deve considerarsi esclusa.
Al fine di accertare l’evocazione, il giudice nazionale deve effettuare una valutazione di tutte le circostanze rilevanti del caso concreto, considerate nel loro insieme. Una di queste è la presenza o l’assenza d’identità o di comparabilità tra il prodotto DOP e il prodotto o il servizio in causa. Peraltro, un eventuale ridotto grado di comparabilità non consente, di per sé solo, di escludere l’esistenza di un’evocazione.
Per quanto riguarda il caso specifico, l’avvocato generale suggerisce alla Corte di invitare il giudice nazionale a tener conto, oltre che della citata parziale somiglianza visiva e fonetica, anche della forte somiglianza concettuale tra la DOP «Champagne» e la parola «CHAMPANILLO» (letteralmente, «piccolo champagne»). Se, poi, il giudice nazionale dovesse accertare che i «tapas bar» individuati dal termine «CHAMPANILLO» sono collegati alla distribuzione di champagne o di prodotti identici o comparabili, egli avrebbe un argomento ulteriore per ritenere che la parola «CHAMPANILLO» costituisca evocazione indebita della DOP ai sensi del regolamento. Nello stesso senso potrebbe militare la circostanza che la parola «CHAMPANILLO» si accompagna, nelle insegne e nei messaggi pubblicitari, all’immagine di due bicchieri a forma di coppa che si incrociano rappresentando l’atto di un brindisi.
Infine, l’avvocato generale osserva che la tutela contro l’evocazione prevista dal regolamento non presuppone necessariamente né una relazione di concorrenza tra i prodotti DOP e i prodotti o i servizi per i quali è utilizzato l’elemento controverso, né un rischio di confusione da parte del consumatore in relazione a questi ultimi, né l’intenzionalità delle condotte che comportano evocazione. Pertanto, la tutela della DOP non presuppone necessariamente una concorrenza sleale.
Da precisare che il rinvio pregiudiziale consente ai giudici degli Stati membri, nell’ambito di una controversia della quale sono investiti, di interpellare la Corte in merito all’interpretazione del diritto dell’Unione o alla validità di un atto dell’Unione. La Corte non risolve la controversia nazionale. Spetta al giudice nazionale risolvere la causa conformemente alla decisione della Corte. Tale decisione vincola egualmente gli altri giudici nazionali ai quali venga sottoposto un problema simile.
Fonte: Agricolae