Il reportage. L’isola è ai primi posti in Italia per numero di prodotti tutelati ma non cresce. La proposta Cia: “Aggregarsi e realizzare paniere del buono”
Cresce ma non troppo. Anzi di più: la Dop economy in Sicilia mostra tutte le sue fragilità. I numeri, almeno per quel che riguarda la parte del cibo, sono tiranni: secondo l’ultimo rapporto Qualivita Ismea nel 2021 l’isola ha avuto nel comparto cibo un giro d’affari di 87 milioni, mentre il vino ha registrato 449 milioni. In totale il giro d’affari è stato di 536 milioni con un incremento del 3,6% rispetto all`anno precedente. E questo, potremmo dire, è il bicchiere mezzo pieno. Perché poi l`altra faccia della medaglia rivela una situazione tutt’altro che rosea, almeno per il momento.
[…]
La sfida è interessante. E lo sa bene Mauro Rosati, direttore generale di Qualivita: “Non si dica che è un problema di dimensioni perché se vediamo la cartina della Dop economy ci accorgiamo che la piccola dimensione è un’opportunità. È piuttosto un problema di serietà aziendale: spesso i produttori stanno dentro il consorzio ma non sono abituati a rispettare i vincoli. La Sicilia, che è la piattaforma italiana dell’enogastronomia, paga lo scotto della mancanza di strutture consortili capaci di gestire una denominazione. Servono soldi e risorse per il marketing, l’assistenza legale all’export e così via. Intanto c’è l’abitudine a pensare il consorzio come lo sbocco della politica. E intanto c`è molta confusione sui prodotti siciliani”.
[…]
Fonte: Il Sole 24 Ore – SUD