Parliamo ora di un’altra forma di valorizzazione territoriale delle produzioni: quella attraverso le Denominazione d`origine protetta (DOP) e le Indicazioni geografiche protette (IGP). Il nostro Paese, infatti, è il primo in Europa per prodotti registrati, con una quota del 27% sul totale. Nel solo settore alimentare (escludendo quindi i vini), dal 2010 ad oggi il numero di prodotti Dop e Igp italiani è passato da 239 a 299 unità (+25%). In ortofrutta, poi, il 29% dei prodotti registrati nella Ue provengono dal nostro Paese.
Sebbene la produzione certificata complessiva sia aumentata del 39%, dalla media del triennio 2008-10 a quella del 2015-17, questa rimane molto squilibrata (Figura 7), poiché la sola produzione di Mela della Val di Non DOP e Mela dell’Alto Adige IGP vale il 75% del totale. A grande distanza seguono l’Arancia di Ribera DOP (3,1% di quota), la Cipolla Rossa di Tropea Calabria IGP (3,1%), il Pomodoro di Pachino IGP (1,2%) e la Nocciola del Piemonte IGP (1,1%).
Il rimanente 15% è suddiviso tra tutte le altre produzioni che, seppur importanti a livello di notorietà, divengono scarsamente significative in termini di peso. Il tutto per un valore al consumo di 824 milioni di euro, realizzato principalmente in due canali: la gdo (53,3% delle vendite) e i mercati all`ingrosso (33,2%). Nonostante questo notevole potenziale produttivo e commerciale, i prodotti ortofrutticoli Dop e Igp scontano varie debolezze sul lato consumer.