il Mattino
Hai un prodotto di grande qualità e vuoi difenderlo dalle imitazioni? La strada più sicura dovrebbe essere ottenere il riconoscimento europeo Igp (indicazione geografica protetta) o Dop (denominazione di origine protetta) che vede l’Italia in testa con il suo cibo tutelato dalla Val d’Aosta alla Sicilia. Dopo un iter burocratico lungo e faticoso, quando finalmente arriva il tanto agognato marchio, in realtà non sei che all’inizio di questo cammino. È questo il senso dell’allarme lanciato dai consorzi di tutela italiani, oggi riuniti per la prima volta a Napoli, impegnati a discutere una strategia per affermare la qualità di questa scelta e spiegare bene che una mozzarella dop, per esempio, ha molti più controlli di quella venduta senza marchio e che molti magari considerano fresca perché la trovano non imbustata nel liquido di governo. Mai come in questo caso, ad esempio, l’apparenza inganna. E quel che vale per la mozzarella va moltiplicato per dieci sul parmigiano, sul grana e sul prosciutto di Parma, i tre prodotti italiani più falsificati nel mondo. Un vero e proprio business illegale il cui complice principale è proprio il consumatore che, secondo una ricerca, ancora non sa distinguere bene tra prodotti tutelati e quelli senza marchio, spesso scelti semplicemente perché costano di meno. Il tema scelto è dunque significativo: «1 mercato dei prodotti Dop e Igp: tra opportunità e opportunismo», sarà incentrato sul posizionamento dei prodotti certificati, con particolare riguardo alla Grande Distribuzione Organizzata. Anche Gennaro Esposito, lo chef della Torre del Saracino, è chiamato a dire la sua: come è noto, infatti, i ristoratori sono stati i principali alfieri della qualità dell’agroalimentare in questi anni.
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