Italia Oggi
Dal mondo nuovi segnali di scarsa conoscenza dell’olio. La Dieta Mediterranea rischia di diventare solo uno slogan, un marchio che perde la sua territorialità e tipicità, di fronte alla globalizzazione. Da quando, nel 2010, è diventata patrimonio immateriale dell’Unesco, ricercatori di mezzo mondo vi hanno dedicato sempre più attenzione, adattandola però a usi e costumi locali. Danit R. Shahar dell’Università israeliana del Negev, per esempio, nel suo studio epidemiologico MedDiet, pubblicato il 16 luglio scorso, ha citato le virtù salutistiche dell’olio extra vergine di oliva al pari di quelle dell’olio di canola, che non appartiene sicuramente alla cultura mediterranea.
Negli Stati Uniti l’olio d’oliva viene ormai consumato da più di un secolo ma l’84% degli americani, intervistati dal Consiglio oleicolo internazionale, pensa ancora che l’olio di oliva dolce e delicato abbia meno calorie dell’olio intenso, quando in realtà hanno lo stesso apporto calorico. Il ricercatore britannico Rodney Bilton, prontamente ripreso dai tabloid inglesi, ha recentemente sconsigliato di utilizzare l’olio di oliva in cottura e ha dichiarato che occorre «friggere come fanno i cinesi, con olio di oliva e acqua, per evitare il riscaldamento dell’olio e la conseguente produzione di sostanze chimi che tossiche».