Da tempo si si guarda la Cina non più soltanto come una minaccia per il made in Italy, ma come sbocco commerciale anche per i prodotti agroalimentari: per ridurre al minimo danni d’immagine e frodi alimentari c’è un ponte da tempo avviato bilateralmente tra Italia e Cina e che corre parallelamente agli accordi tra Pechino e Bruxelles con cui cento Indicazioni Geografiche (di cui 26 italiane) stanno per essere protette nel Paese orientale e viceversa. Centro del dialogo tra i due Paesi la standardizzazione delle caratteristiche dei prodotti, dal campo alla tavola, come pure dei controlli. Ecco perché, come emerso durante il dibattito “Il dialogo sulla qualità e la sicurezza alimentare tra Italia e Cina” organizzato ieri dall’università Luiss in collaborazione con l’ambasciata della Repubblica popolare cinese, è importante istituire certificazioni di qualità per l’agroalimentare per tutelare produttori e consumatori.
Il mercato cinese dei prodotti alimentari è uno dei maggiori al mondo e cresce di anno in anno, sostenuto da una classe media in aumento; l’Italia ha una produzione senza eguali, anche se risulta in ritardo sulle piattaforme di commercio online. L’e-commerce made in Italy in realtà rappresenta appena lo 0,35% del totale delle vendite alimentari, per un valore di 570 milioni di euro, contro un target potenziale che può però raggiungere 3,5 miliardi di euro. Dall’altro capo del globo, invece, la Cina sembra aver imboccato una strada molto positiva per gli scambi via web di cibi e bevande; il totale delle vendite ha raggiunto la fetta del 43% sul totale del business agroalimentare, per un valore di 16,5 miliardi di euro. Tra Italia e Cina c’è «uno spazio progettuale e potenziale enorme», dice così il Ministro delle politiche agricole Maurizio Martina, ricordando che su questo fronte il nostro è «l’unico Paese ad aver siglato un accordo con la piattaforma digitale Alibaba». Avendo al centro la sicurezza alimentare, dunque, per il ministro c’è sempre più bisogno di «accordi commerciali, regole condivise e di stringere partnership forti».
Fonte: Avvenire