La Commissione Europea sta pensando di liberalizzare l’uso dei nomi di varietà di uva per indicare il vino, con una modifica dei regolamento rn. 607/2009, che oggi stabilisce precise condizioni di impiego per denominazioni quali Lambrusco, Vermentino e Teroldego. Una pratica che è principalmente italiana. Gli altri grandi Paesi produttori europei hanno sviluppato la loro vitivinicoltura a partire da poche varietà principali, mentre l’industria della Penisola si è evoluta a partire dalla grande diversità di vitigni.
Da questo punto di vista l’unicità del nostro Paese, sebbene fondamentale dal punto di vista economico, potrebbe rivelarsi una debolezza . Quando si tratta di difendere il proprio particolare a Bruxelles , è sempre meglio poter contare su Paesi alleati, che in questo caso non sembrano esserci. Forse proprio per questa consapevolezza è bastato che l’Esecutivo ventilasse l’ipotesi di una modifica delle norme a tutela dei vini denominati con il loro nome varietale a far scattare l’allarme. Dei produttori, soprattutto in Emilia-Romagna (Lambrusco) e nelle Marche (Verdicchio), di organizzazioni di categoria come Federvini, di eurodeputati come Paolo De Castro. E anche del Governo. A Bruxelles è già stata inviata una lettera del Ministero delle politiche agricole che sbarra la porta a qual siasi liberalizzazione.
Fonte: L’informatore Agrario