Italia Oggi
Con riferimento all’articolo di Paolo Massobrio pubblicato ieri da Italia Oggi, premetto che nessuno vuole colpire la libertà dei sindaci di valorizzare i propri territori utilizzando le eccellenze enogastronoiniche degli stessi. tuttavia è evidente, da tempo, un fatto: un’eccessiva frammentazione legata alle denominazioni locali non fa altro che generare confusione e non è certamente in grado di aggiungere competitività sui mercati, specie quelli stranieri, che chiedono qualità, riconoscibilità e organizzazione, anche commerciale. Fondamentale è poi il quadro di riferimento europeo che troppo spesso non viene considerato da chi invoca una superlocalizzazione dei prodotti. L’impegno dell’Europa per la tutela delle produzioni di qualità è altissimo e riconosciuto. L’approvazione, lo scorso settembre,
del `pacchetto qualità’ con l’introduzione di nuove regole per tutelare i prodotti certificati dalle usurpazioni, imitazioni ed evocazioni, la possibilità di indicazione in etichetta dei “marchi d’area”, la salvaguardia dei prodotti STG, l’indicazione facoltativa di `prodotto dell’agricoltura di montagna’ e la difesa dell’estensione della lista di prodotti ammissibili a certificazione europea, è stata un successo importantissimo per il made in Italy agroalimentare, successo costruito grazie al lavoro del Parlamento europeo. E proprio la cornice europea deve rimanere l’orizzonte a cui guardare e da cui cogliere preziose opportunità di crescita per questo vitale comparto che premia e non danneggia in alcun modo le produzioni tipiche di qualità. L’Italia paga ancora oggi questa sua eccessiva spinta individualista, spinta che non premia e che, nel lungo periodo, non farà altro che indebolire queste stesse produzioni. Appare inoltre singolare cavalcare certe situazioni proprio alla vigilia di quell’Expo che porrà l’Italia al centro del palcoscenico mondiale a confermare una leadership qualitativa insidiata da problemi gravi come, tanto per citarne uno, il vulnus costituito dall’italian sounding. Per cui mi chiedo se non sia anacronistico puntare il dito su piccole situazioni quasi di quartiere.