Chiuso il convegno “delle VENEZIE DOC: maturi per crescere”, il primo dei due approfondimenti dedicati alla varietà e alla Denominazione organizzati dal Consorzio di Tutela
Si è svolto lunedì 5 giugno presso la Fondazione Mach di San Michele all’Adige (Trento) il convegno delle VENEZIE DOC: maturi per crescere. Origine, stili e mercati del Pinot Grigio, primo di due appuntamenti tecnici e di mercato, alla presenza di oltre cinquanta ospiti tra soci, enologi, studenti e stampa. Organizzato dal Consorzio Tutela Vini delle VENEZIE DOC, questo ciclo di incontri è parte di un percorso di intensificazione delle attività di sviluppo a livello nazionale rivolto in prima battuta ai produttori della Denominazione, che proseguirà a San Vito al Tagliamento (PN) lunedì prossimo 12 giugno e si chiuderà in Veneto a fine anno.
A moderare l’appuntamento tecnico Antonio Boschetti, direttore de L’Informatore Agrario. L‘incontro si è aperto con l’introduzione del direttore del Consorzio delle VENEZIE, Flavio Innocenzi, che ha raccontato come questo convegno intenda descrivere il percorso di qualificazione distintiva che la Denominazione Delle Venezie sta compiendo sul piano qualitativo e comunicativo; un percorso intimamente legato al territorio di appartenenza e nel quale ognuna delle tre regioni, Trentino, Friuli Venezia Giulia e Veneto, gioca un ruolo di primo piano nel contribuire alla definizione di un’identità collettiva.
È intervenuto quindi il professor Francesco Spagnolli, enologo ed ex dirigente presso la Fondazione Mach, ad aprire il convegno con un approfondito excursus sul Pinot grigio, a partire da origini e virtù della varietà coltivata nell’area delle Venezie. “C’è unanimità di vedute sull’origine del Pinot grigio: si tratta di una mutazione gemmaria di un antico vitigno, il Pinot nero; molti aspetti colturali e compositivi del mosto come zuccheri, acidità titolabile, rapporto acido malico/tartarico e anche il colore stesso dell’uva – dovuto alla sintesi localizzata di antociani a livello delle cellule epidermiche – ne fanno un vitigno con grandi potenzialità per essere elaborato come vino bianco o rosato, a gusto fruttato, con aromi fermentativi per lo più di pronta beva”. Il professore chiude il suo intervento portando l’attenzione sul rapporto climatico e pedologico tra altitudine e latitudine: il Pinot grigio del Nordest, infatti, cresce all’altezza del 46° parallelo, grado che dà i natali a grandi vini riconosciuti a livello internazionale e che taglia a metà proprio il Triveneto.
E dopo una presentazione introduttiva della varietà, si è passati ad approfondimenti sulla gestione del vigneto con focus sulle nuove esigenze produttive del Pinot grigio del Nordest, che, come racconta Maurizio Bottura, dirigente del Centro Trasferimento Tecnologico della Fondazione Mach, raggiunge oggi l’87% dei 32 mila ettari nazionali destinati alla varietà (su un totale mondiale di 67 mila ettari). “Il Pinot grigio è un vitigno mediamente sensibile alla peronospora e potenzialmente molto soggetto all’oidio, soprattutto nelle aree collinari, alle tignole, alla botrite e ai marciumi acidi, proprio per la naturale compattezza del grappolo. Sulla flavescenza dorata, in particolare, è stata fatta una raccolta di campioni dal 2001 al 2021 passando da un’incidenza del 9 al 21%. Risultano quindi fondamentali gli odierni studi clonali e sperimentazioni che vertono su dimensione e livelli di sensibilità per garantire in prima battuta una maggior salubrità della vite ma anche un miglioramento dal punto di vista enologico; ad esempio interventi sulla riduzione del numero di acini per diminuire l’incidenza della botrite, come la sfogliatura che favorisce la pulizia del grappolo o l’utilizzo di gibberelline per allungamento grappolo. Infine ci troviamo a fare i conti con il cambiamento climatico che impone adattamenti e nuove esigenze produttive, come una gestione attenta della maturazione contrastando l’anticipo delle fasi fenologiche ed avere mosti meno zuccherini e con maggiore acidità”.
Sono seguite due relazioni su tematiche legate al cambiamento climatico e all’irrigazione della vite in Trentino e alle tecniche di vinificazione volte alla valorizzazione del Pinot grigio, aperte da Stefano Corradini, responsabile del Dip. di Agrometereologia dell’Istituto di San Michele all’Adige: “La vite è una pianta mediterranea che sopporta abbastanza bene lo stress idrico ma molto dipende dalla tipologia di prodotto che si vuole ottenere. Il Pinot Grigio nelle sue diverse varianti commerciali prevede uno stresso idrico lieve o medio e quindi è opportuno integrare l’acqua meteorica, se necessario, con l’irrigazione. Irrigare bene e senza sprechi necessita di conoscere, oltre all’obiettivo produttivo, anche le caratteristiche del suolo dove la pianta dimora e le condizioni meteo. Con queste informazioni i modelli matematici come lo “SWAB” (soil water advanced budget), sviluppato alla Fondazione Mach, aiuta ad effettuare un’irrigazione corretta. Tutto questo va inserito in un contesto di cambiamento climatico che richiederà particolare attenzione all’uso dell’acqua nel prossimo futuro visto che i diversi scenari sono generalmente concordi nel confermare un aumento della temperatura – di circa 2 gradi su tutte le quote come dimostrano dati raccolti in Trentino dal 1984 al 2022 – e una diversa tipologia delle precipitazioni sia in termini di quantità che distribuzione nel periodo vegetativo”.
Loris Cazzanelli, enologo e rappresentante Giovani Assoenologi Trentino, ha raccontato successivamente come il consumatore odierno sia sempre più attento e conoscitore del mondo enoico, di come sia alla ricerca di vini che ricordino la tradizione ma che siano realizzati secondo uno stile originale interpretato in chiave moderna; “Quando si parla di Pinot grigio la grande maggioranza de consumatori si aspetta di trovare un vino dal colore tenue, giallo paglierino, con profumi floreali, note fruttate di pera e di mela – tipici aromi fermentativi e varietali – agrumi e in bocca grande freschezza e sapidità. Insomma un sorso che chiama immediatamente il successivo. Ma ci sono altri stili che potrebbero intrigare il pubblico. Negli ultimi anni abbiamo studiato e testato nuove tecniche di vinificazione, con lo scopo di dare nuove interpretazioni al Pinot grigio, rispettando però le sue caratteristiche peculiari, come la stabulazione a freddo che va a valorizzare il potenziale aromatico delle uve (invece inespresso da altre tecniche), senza il rischio di eccedere nell’estrazione dei composti fenolici rispetto alla variante criomacerata dalle bucce”.
Si è poi passati ad un’analisi sugli andamenti delle certificazioni dei vini delle VENEZIE DOC a cura di Denis Giorgiutti, direttore di Triveneta Certificazioni, Organismo di controllo che gestisce annualmente volumi di quasi 2 milioni di ettolitri imbottigliati di DOC delle Venezie e oltre 200 milioni di contrassegni di Stato apposti su ogni singola bottiglia, con una base produttiva di circa 15 mila ha (di 27 mila a Pinot grigio potenziali del Triveneto) – 6.141 viticoltori, 574 vinificatori, 363 imbottigliatori, di cui una trentina esteri che devono e accettano di apporre il contrassegno sulle loro bottiglie. “Questi sono i numeri di un Servizio oggi a Garanzia del Consumatore e della qualità dei Vini del nostro Territorio” dice Giorgiutti e chiude, “Triveneta Certificazioni nasce nel 2016 dall’esperienza degli Organismi di Controllo del Triveneto con l’incarico di gestire la tracciabilità e il controllo dei vini DOC delle Venezie: un lavoro di grande importanza per la tutela della denominazione più estesa d’Italia che abbraccia il territorio di 12 Province del nordest italiano, a forte vocazione vitivinicola”.
Il convegno si è chiuso con una panoramica sulle dinamiche del mercato internazionale, tendenze e opportunità prese in esame prima da Luca Rossetto, professore Associato dell’Università di Padova che ha esplorato i cambiamenti in atto a livello globale nei segmenti fermi e spumanti, le prospettive di crescita nonché le opportunità e le minacce nei mercati dei paesi importatori, sia tradizionali sia emergenti. La Francia e l’Italia sono i due principali produttori, formando il 37% della produzione mondiale, nonché le prime nazioni esportatrici di vino al mondo detenendo il 33% dell’export mondiale in volume. A trainare l’export del Belpaese oggi è il segmento degli spumanti, seguito dai bianchi. I primi partner commerciali dei bianchi veneti restano Stati Uniti, Germania, Grand Bretagna, Belgio e Canada che negli ultimi cinque anni hanno visto crescite percentuali fino a tre cifre dove il Pinot grigio (55-60% dei vini bianchi certificati) è il principale driver di crescita. Questi sono inseriti nei cosiddetti mercati ‘affidabili’, diversamente da quelli attualmente ‘instabili’ come la Cina e da quelli ‘difficili o speciali’ come Singapore o la Tailandia, legati ai flussi turistici e che soffrono la concorrenza dei vini francesi, australiani o americani.
Denis Pantini, responsabile Business Unit Agrifood and Wine di Nomisma, ha infine illustrato nello specifico gli andamenti rispetto ai consumi e prospettive per il Pinot grigio. “Nell’ultimo decennio, l’export di vini italiani imbottigliati – oltre agli spumanti – ha visto crescere quello di vini bianchi fermi di oltre il 10% in termini di bottiglie, rispetto ad un leggero arretramento dei vini rossi. Tra i principali mercati di destinazione figurano gli Stati Uniti, dove il Pinot Grigio Delle Venezie rappresenta uno dei vini bianchi italiani più consumati, tanto che nel canale off-trade americano, 1 bottiglia su 5 di Pinot Grigio venduta nel 2022 era collegata alla denominazione”. Negli Stati Uniti il Pinot grigio è il quarto varietale più venduto e la quota di mercato del delle VENEZIE rispetto alla tipologia è pari al circa il 20% sul 40 per cento totale di Pinot grigio italiano venduto. Numeri importanti che confermano la denominazione come pilastro della produzione e dell’export nazionale.
“Vocazionalità produttiva e potenzialità di individuazione di stili distintivi a livello enologico, ma anche potenzialità di crescita di mercato sono le parole che vorrei rimanessero impresse a chiusura di questo convegno. Siamo nel pieno delle nostre attività promozionali in giro per il mondo; ora più che mai è necessario evidenziare il legame con il territorio delle VENEZIE – di cui il Trentino è parte fondamentale – attraverso la valorizzazione del patrimonio culturale comune, il rafforzamento dell’unità territoriale, la consapevolezza di condividere un Denominazione d’Origine fortemente apprezzata nei mercati mondiali”, commenta Flavio Innocenzi nei ringraziamenti di chiusura lavori, che hanno anticipato una degustazione di 17 cloni di Pinot grigio vinificati in purezza da un progetto in collaborazione con CREA-VE e Regione del Veneto.