In un’intervista a il Foglio, Paolo De Castro parla della sua mancata ricandidatura alle europee con il Partito Democratico, dopo quindici anni di impegno al Parlamento UE a sostegno del settore agricolo e del sistema dei Consorzi di tutela.
Le officine agli altri ma i campi a De Castro, l’assioma che ha retto la politica agricola del Pd per oltre quindici anni affonda sotto la linea Schlein. E il professore di agraria scoperto da Romano Prodi, l’uomo che ha rappresentato per decenni il punto di congiuntura tra i dem e il mondo agricolo, Paolo De Castro appunto, chiude oggi la sua esperienza all’Eurocamera “amareggiato”. Non è stato ricandidato. Non sarà rieletto. E’ un addio? “E’ chiaro che non sono in sintonia con questa segreteria”, dice al Foglio De Castro. Ecco l’ultimo dei prodiani. La tessera del Pd per ora ce l’ha ancora, spiega. “Ma non sono convinto di volerla rinnovare”. D’altronde “sono mesi che non ho un colloquio diretto con Schlein”. Ma per chi è stato due volte Ministro e poi Presidente della Commissione Agricoltura al Parlamento europeo, il problema non è la candidatura.
Sul futuro di De Castro le possibilità sono molteplici. Sin da quando era cominciata a girare la voce che Shlein non l’avrebbe riconfermato il suo telefono non ha mai smesso di suonare: “Proposte di candidarmi ne sono arrivate da quasi tutti”, dice. “Sono state una dimostrazione di stima che mi ha fatto molto piacere. Ma non ho voglia di cambi di casacca”, spiega l’ex ministro facendo capire che l’attaccamento alla poltrona a ogni costo non è nel suo stile. “Certo non vedo per quale motivo dovrei dire di no a un incarico istituzionale”.
Fonte: Il Foglio