I dazi annunciati da Trump per il 2 aprile colpiranno pesantemente le eccellenze agroalimentari di Parma: dai Consorzi di Parmigiano e Prosciutto di Parma ai pomodori Mutti e ai prodotti Lactalis
I dazi di Trump fanno paura. Nella Food Valley di Parma nessuno lo nasconde, anche se c’è chi si tutela con un linguaggio diplomatico. Ma se la guerra commerciale iniziata dal presidente americano arriverà a concretizzarsi il 2 aprile con l’aumento delle gabelle al 25% sui prodotti europei, il contraccolpo si farà sentire eccome su una realtà produttiva, quella del parmense, che racchiude 6 tra le più importanti filiere dell’agroalimentare italiano: Parmigiano Reggiano DOP, Prosciutto di Parma DOP, pasta, pomodoro e conserve, latte e (pochi lo sanno) alici.
Più di mille aziende, che danno lavoro a 25 mila mila persone, in attesa di sapere cosa deciderà di fare l’inquilino della Casa Bianca più imprevedibile della Storia. Si stima che per ogni 10% di riduzione dell’export verso gli Usa, si potrebbero perdere circa 5 mila posti di lavoro nell’intera filiera agroalimentare. E la sola Food Valley emiliana fattura con le esportazioni circa 5 miliardi (il 5% dell’intero export alimentare italiano) e nel 2024 quello verso gli Stati Uniti ha registrato la crescita maggiore (+21,7%).
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Il consorzio del Prosciutto: «Colpire i nostri prodotti danneggia anche gli Usa»
E se la pasta Barilla dorme sonni tranquilli perché possiede due pastifici in America (uno nello Stato di New York e uno in Iowa), che producono per il mercato locale, il Consorzio del Prosciutto di Parma è in allerta: quello a stelle e strisce è, infatti, il suo primo mercato per l’export (da solo vale un terzo di tutte le esportazioni). Nel 2024, i prosciutti esportati hanno raggiunto quota 800 mila, per un valore di 100 milioni di euro.
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Parmigiano Reggiano DOP: «I dazi di Trump non hanno senso»
La DOP del Prosciutto di Parma e quella del Parmigiano Reggiano rappresentano la fetta maggiore della produzione agroalimentare del parmense. Per quanto riguarda il formaggio, «su 163 mila tonnellate prodotte annualmente, oltre 4 milioni di forme, viene esportato il 43%», aveva già spiegato al Corriere il presidente del Consorzio del Parmigiano Reggiano Nicola Bertinelli, di cui «il 22,5 è rappresentato dagli Usa». Secondo Bertinelli, se Trump andrà fino in fondo con i provvedimenti annunciati, il rischio è che si «influenzi il mercato», colpendo «in maniera indiscriminata anche chi, come noi», prosegue Bertinelli, «copre circa il 7% del mercato dei formaggi duri a stelle e strisce, con un prodotto venduto a un prezzo più che doppio rispetto a quello dei parmesan locali». Senza essere, dunque, in concorrenza coi formaggi americani.
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Fonte: Corriere della Sera.it