Il piano strategico della Politica agricola comune prevede ristori per compensare i contadini dei costi aggiuntivi delle pratiche ecocompatibili. Stanziati anche 2 miliardi a favore delle coltivazioni biologiche
I fenomeni di degradazione e di erosione mettono sempre più a rischio le aree agricole. L’allarme è stato lanciato da tempo. Adesso, però, è tempo di intervenire con decisione.
L’incalzare dei cambiamenti climatici impone di invertire la tendenza, evitando che i danni per il settore agroalimentare diventino irreparabili. Il rimedio si chiama agricoltura rigenerativa. È uno dei pilastri della Politica agricola comune 2023-2027 e consiste in una serie di interventi, finanziati dall’Ue e dagli Stati membri, per favorire la rigenerazione dei suoli.
Si stima che, ad oggi, il 52 per cento delle aree agricole sia degradato e che l’erosione interessi 12 milioni di ettari di superfici a livello europeo. La perdita annua di produttività delle colture è dello 0,43 per cento, con un costo annuo pari a 1,25 miliardi di euro. I suoli sono sempre meno fertili e la perdita progressiva di carbonio organico, stimata nell’8% a livello globale negli ultimi due secoli, lo dimostra.
Migliorare la qualità dei terreni, rivitalizzando la biodiversità e immagazzinando carbonio, proprio per mitigare gli effetti del cambiamento climatico, è l’obiettivo che l’Unione europea assegna ai vari Paesi. Per questo nei prossimi anni l’agricoltura rigenerativa assumerà un ruolo sempre più centrale.
Un rapporto dettagliato del Centro studi Divulga, dedicato proprio all’agricoltura rigenerativa, illustra gli interventi necessari per provare a fermare i fenomeni di degradazione ed erosione dei suoli. Si tratta di misure che rientrano nel Green Deal europeo e consistono in un insieme di iniziative che mirano a garantire l’azzeramento entro il 2050 delle emissioni nette di gas a effetto serra.
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Fonte: Affari&Finanza – La Repubblica