Con un potenziale di 800mila bottiglie derivanti dall’ultima strepitosa vendemmia (+45% rispetto al 2015), il Nizza DOP esce dalla nicchia a testa alta. Superficie e vendite sono in aumento e consolidano l’immagine del grande rosso piemontese che non inizia per B, ma che, anzi, presto toglierà dall’etichetta la scritta «Barbera d’Asti Superiore DOP». Una voce fluori dal coro che parte da lontano, da quando, nel 2002, un nutrito gruppo di viticoltori della zona di Nizza Monferrato, in barba al Consorzio, decise di dare anima e corpo a un’Associazione dedicata e a un progetto ambizioso: sdoganare la produzione del loro migliore vino dal resto della Barbera e puntare in alto.
Troppo debole l’operato del Consorzio di tutela, che guardava ancora ai grandi numeri e poco alla nicchia, troppo selettiva la spinta propositiva di quella porzione di Monferrato e troppo ardite le periodiche degustazioni alla cieca che i membri dell’Associazione si erano imposti (e che eseguono tuttora), con valutazioni anche scomode spedite a casa dei singoli produttori. Meglio andare da soli. Missione riuscita formalmente il 1° luglio 2016, data di nascita della DOP, dopo anni di limbo nella “sottozona”.
Per disciplinare, le uve sono coltivate in 18 comuni intorno a Nizza Monferrato; il vino deve avere almeno 18 mesi di invecchiamento o 30 per le versioni Riserva e Vigna Riserva. L’Associazione Produttori del Nizza raduna 43 aziende, altre sono in lista d’attesa. Presidente è il 44enne Gianni Bertolino, eloquio misurato e spirito internazionale. «Negli Stati Uniti i wine buyer sono giovani», dice, «e come tali vogliono novità: il Nizza DOP ha saputo rispondere a questa richiesta. Metà bottiglie vanno all’estero, Usa soprattutto, ma anche Svizzera e Giappone». E il Consorzio? Bertolino è diplomatico e glissa. La maggior parte dei produttori del Nizza ne fa comunque parte. Il prossimo 23 aprile l’Associazione promuoverà il «Giro del Nizza DOP», la seconda delle sette tappe di «Cantine a Nord Ovest», un progetto targato Slow Food alla scoperta dei luoghi di produzione dei grandi vini piemontesi.
Fonte: ItaliaOggi