Inizia con una prospettiva trasversale il quinto rapporto sulle Agromafie e i crimini agroalimentari presentato ieri a Roma e realizzato da Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità
nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare (presieduto da Gian Carlo Caselli): si traccia il processo che dai campi arriva al cyberlaudering, il filo che collega l’agricoltura sfruttata dalle mafie silenti (quelle irriconoscibili, fatte dei gente comune edi basso profilo) al riciclaggio di denaro attraverso internet o con scambi in borsa ad altissima velocità. Sono agromafie all’avanguardia che, come mostrato anche nelle precedenti edizioni, non restano indietro: algoritmi, botnet, reti internet aprono scenari e dimensioni globali inimmaginabili se combinate con i tradizionali metodi della filiera criminale.
Il risultato è che il loro volume d’affari complessivo è salito a 21,8 miliardi di euro, con un balzo del 30% nell’ultimo anno (l’ultima stima era di 16 miliardi) e che, come spiegato dal presidente di Coldiretti Roberto Moncalvo, oltre 5 mila locali sono coinvolti in affari e profitti criminali. “La filiera del cibo, della sua produzione, trasporto, distribuzione e vendita – si legge nel rapporto – ha tutte le caratteristiche necessarie per attirare l’interesse di organizzazioni che via via abbandonano l’abito militare per vestire il doppiopettoe il colletto bianco, riuscendo così a scoprire e meglio gestire i vantaggi della globalizzazione, delle nuove tecnologie, dell’economia e del la finanza 10″.
Nessuna distinzione di metodo, nessuna di luogo: nella graduatoria provinciale dell’intensità del fenomeno nel settore agroindustriale, dopo il primo posto attribuito a Raggio Calabria, sul podio del 2016 ci sono Genova e Verona (prima di Palermo e Napoli). A Genova, si legge, dipende da diversi fattori: dal diffuso sistema di contraffazione e alterazione nella filiera olearia a un “vasto sistema di lavoro irregolare, nero e di caporalato” nelle operazioni marittime e portuali. E Verona? Allevamenti di suini importati dal Nord Europa e marchiati come nazionali e alterazione di vini e grappe.
Fonte: Il Fatto Quotidiano