Dal Prosciutto di Parma DOP al Panforte di Siena IGP, CSQA Certificazioni garantisce controlli su 70 prodotti DOP IGP e nei policlinici valuta la gestione dei pazienti seguendoli anche dopo le dimissioni
All’inizio fu la Plasmon. Per rispondere al bisogno di qualità e sicurezza degli omogeneizzati alla frutta l’impresa leader dell’alimentazione per l’infanzia bussò a Thiene per la certificazione delle sue oasi ecologiche.
Erano i primi anni Novanta e a Thiene si stavano muovendo i primi passi nell’istituto lattiero caseario: tempi in cui il rispetto di norme, standard, conformità, processi ges Lionali erano materia più da industria “pesante” che non da politiche agroalimentari.
“Casualmente venimmo in contatto con degli ingegneri nucleari rimasti disoccupati dopo il referendum di abrogazione delle centrali e che avevano iniziato a fare consulenza sui temi della qualità. Non si può sbagliare – ci dicevano – la qualità si misura e si può assicurare”.
Fu la primogenitura di CSQA, ricordo indelebile del CEO Pietro Bonato, accanto a cui oggi nei nuovi spazi della storica sede di via San Gaetano, inaugurati 5 mesi fa, siedono anche il vicedirettore Maria Chiara Ferrarese e il presidente e co-amministratore Carlo Perini.
“Siamo stati pionieri e, se l’agroalimentare è diventato trainante dell’economia italiana, lo deve anche a CSQA”. Oggi il 60% dei prodotti alimentari che girano sulla tavola italiana passano per Thiene, lo scorso anno sono state certificate quasi 1,5 miliardi di bottiglie di vino, pari al 70% della produzione vitivinicola italiana.
Ma quell’acronimo CSQA – Certificazione Sicurezza Qualità Agroalimentare – oggi suona quasi stretto: dal mondo dell’information technology, alla certificazione della cybersecurity nelle aziende, fino alla sanità il passo accelera.
Il core business resta il cibo. CSQA è il primo organismo di certificazione in Italia nel settore agroalimentare, sia per i controlli sui prodotti a denominazione riconosciuti ufficialmente dall’UE, i sistemi di qualità nazionale e la certificazione biologica, sia per le certificazioni volontarie, dalle norme ISO agli standard che supportano le aziende nei mercati europei e internazionali come BRC (il consorzio della Gdo britannica), IFS (standard per fornitori alimentari), Global.Gap (buone pratiche agricole).
Ma il polso lo misura la lista dei prodotti che portano l’Italia nel mondo: dalla certificazione del Grana Padano DOP (la prima, nel 1998) al Bergamotto di Reggio Calabria – Olio essenziale DOP, il Csqa controlla 70 prodotti DOP IGP.
Non mancano il Panforte di Siena IGP, i Pizzoccheri della Valtellina IGP, la Mozzarella di Gioia del Colle DOP, il Pane di Matera DOP, il Prosciutto di Parma DOP. Con quest’ultima DOP hanno dovuto strutturare la sede di Langhirano, che lega il nome proprio alla produzione del prodotto su cui si garantiscono verifiche e tracciabilità.
Così per il Grana Padano DOP: controlli significa presenza costante di un ispettore anche quando si grattugia “per certificare che la busta che si acquista al supermercato sia davvero da Grana Padano DOP”.
Quasi 30 milioni di fatturato, margini operativi lordi intorno al 6%, 236 dipendenti, 500 auditor. E nessun fiato sul collo, se non naturalmente di essere sostenibili. “Quando il governatore Luca Zaia è venuto ad inaugurare i nuovi locali ci ha detto di continuare a valorizzare al massimo la qualità”.
Fonte: Il Giornale di Vicenza