Un libro-fumetto per narrare le origini e l’attualità di un vino? Perché no? In questi giorni di isolamento a casa, c’è più tempo per leggere e magari anche per ampliare la propria conoscenza sul vino. Prende l’occasione al balzo, portando una ventata di novità nella comunicazione del vino, il Consorzio Tutela Vino Valcalepio, la Doc che caratterizza il territorio collinare bergamasco.
“C’era una volta in… Valcalepio” è il titolo di una pubblicazione che viene distribuita in questi giorni. Una storia lunga alcuni secoli (si parte dai tempi del condottiero Bartolomeo Colleoni, il cui profilo è simbolo del vino orobico) e raccontata in 56 pagine di fumetti realizzati con molta professionalità dall’illustratore Stefano Realdini, 50 anni, bolognese. Realizzazione grafica molto curata ed elegante, in carta patinata e copertina brossurata. Sceneggiatura del veronese Marco Cantoni, da un’idea dell’enologo Sergio Cantoni, da oltre 30 anni direttore del Consorzio Tutela Valcalepio. Né mancano traduzioni a parte per i lettori di lingua inglese. L’introduzione è firmata da Fabio Rolfi, assessore all’Agricoltura della Regione Lombardia.
«Nonostante l’annullamento del Vinitaly, evento che sicuramente rappresenta il momento principale di attività e promozione per il vino italiano – afferma Cantoni – Valcalepio non si ferma. Come dicono a Bergamo #bergamomolamia e, nonostante la situazione complessa nella quale versa il territorio orobico, o forse proprio per reazione uguale e contraria, il Consorzio Valcalepio non si ferma. Eravamo pronti con questa iniziativa per Vinitaly e abbiamo deciso di partire lo stesso con il lancio del progetto al quale sono stati dedicati gli ultimi mesi di lavoro. Per la prima volta in Italia un Consorzio di Tutela enologico idea e realizza un graphic novel nel quale si approfondiscono i temi legati a Bergamo e al suo vino, il Valcalepio Doc».
«Quando mi è stato proposto questo progetto – afferma il presidente del Consorzio, Emanuele Medolago Albani – l’ho subito sposato in quanto si rivolge ad una platea nuova e che in molti casi consuma senza conoscere, beve e non degusta, non si pone domande su cosa ci possa essere, in termini di cultura e tradizioni, dietro il prodotto che ha tra le mani. La speranza è che queste tavole spingano i consumatori a porsi qualche domanda, trovando le risposte e la voglia di visitare il nostro territorio per approfondire la conoscenza dei vini e dei produttori».
Fonte: Italia a Tavola