Nato nel 1970, l’attuale Consorzio per la tutela del formaggio Gorgonzola DOP, con propri funzionari, vigila per il pieno rispetto e l’applicazione delle norme vigenti in Italia e all’estero, dove la denominazione di origine “Gorgonzola” è protetta. L’ente designato e autorizzato dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali per il controllo di tali requisiti è il CSQA Certificazioni; unicamente al formaggio idoneo viene rilasciato il certificato di conformità che permette la commercializzazione del prodotto a denominazione di origine protetta “Gorgonzola DOP”. Con Stefano Fontana, direttore del Consorzio Gorgonzola affrontiamo il delicato tema della tutela.
Canada, Giappone, America del Sud e Stati Uniti sono mercati importanti, o potenzialmente tali, per il Gorgonzola DOP. Ma ci sono molte problematiche da affrontare
“Come Consorzio stiamo seguendo con attenzione tutti gli accordi che l’Unione Europea ha in discussione, come Ceta, Mercosur, Ttip perché da questi trattati dipenderà in futuro l’andamento dei mercati esteri. Solo così possiamo difendere i nostri prodotti in modo efficace. Gli accordi bilaterali sono importanti per la tutela al di fuori della Ue, la situazione cambia da Paese a Paese, a volte la politica è più pressante, in altri casi lascia più spazio. In Usa per Gorgonzola andrebbe riproposto il Ceta, limitarli non sarebbe possibile, in questi Paesi ci sono realtà di immigrati italiani che sono andati lì e hanno portato una cultura che non c’era e l’unica conoscenza lattiero casearia che avevano l’hanno riprodotta”.
Riprodurre le conoscenze lattiero casearie mi sembra un tema particolarmente delicato che si sta riproponendo con la Russia.
“E’ di estrema attualità. Mosca, come rappresaglia dopo le sanzioni imposte da Brusselles*, ha lanciato un piano per produrre formaggi con know how made in Italy. Un progetto enorme, con la Russia che apre ai caseifici italiani. Sono previsti 7 impianti per 12mila tonnellate di prodotti. Cosa sta succedendo? visto che in pratica l’ economia reale prevale sulla politica, la Russia by-passa l’embargo sui prodotti agroalimentari Ue con una richiesta esplicita all’Italia, che come tradizione di formaggi ha una grande reputazione. Sembra una lusinga ma è un pericolo”.
La Regione di Mosca ha deciso quindi di puntare sulla produzione di formaggi imparando dagli italiani , obiettivo lanciare un piano operativo per diventare il secondo distretto caseario dell’intera Federazione Russa, ma anche il più specializzato nella produzione di formaggi simili a quelli tradizionali italiani. Situazione interessante o molto preoccupante?
“Preoccupante: in Russia stanno facendo un investimento di 75 milioni di euro, per trovarsi in condizione di realizzare formaggi con tecniche italiane. Andrebbero tolte le restrizioni che hanno provocato l’embargo per riprendere esportazioni verso Mosca. Tra il 2013 e il 2016 le importazioni di formaggi in Russia sono diminuite del 42,5%. Fra un po’ arriveranno all’autosufficienza e non potremo più tornare indietro. In questi anni di embargo la produzione lattiero casearia in Russia è aumentata circa del 60 %”.
Come Consorzio cosa state facendo?
“Tutela, impegno costante contro le lobby americane che fanno ostruzionismo un po’ in tutto il mondo. Ad aprile abbiamo avuto la registrazione in 60 Paesi, gli Stati Sovrani nel mondo sono circa 196, quindi abbiamo una copertura buona; come esportazione raggiungiamo 76 Paesi nel mondo. Siamo molto presenti nella rete – abbiamo 325 mila visite mensili alla i nostra pagina web e sui social, su Facebook abbiamo 131 mila fan. Il Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari – ICQRF – che è uno dei maggiori organismi europei di controllo dell’agroalimentare, sta monitorando molto bene anche sul web, grazie all’accordo con il colosso dell’ e-commerce cinese Alibaba”.
*Il governo russo ha formalizzato la proroga fino alla fine del 2018 dell’embargo contro l’import di alcuni prodotti alimentari dai Paesi europei che hanno varato sanzioni contro Mosca, per la crisi ucraina
Fonte: Fondazione Qualivita