I prodotti di origine animale sono responsabili di circa il 60% delle emissioni climatiche legate al cibo. La carne e i prodotti lattiero-caseari sono gli alimenti con gli effetti più dannosi sul nostro clima e sull’ambiente in generale. Il sistema agroalimentare è inoltre responsabile dell’80% della deforestazione in atto in alcune delle foreste con più alto livello di biodiversità rimaste sulla Terra: l’aumento dell’allevamento e delle coltivazioni destinate alla mangimistica sono i maggiori responsabili di questa distruzione. Allo stesso modo, l’inquinamento derivante dagli allevamenti e dal settore mangimistico, contribuisce alla diffusione di zone morte negli oceani e al degrado di molti fiumi, laghi e aree costiere…” Sono alcune delle considerazioni evidenziate nel Rapporto sul sistema di produzione di carne di Greenpeace che chiede “la riduzione del 50% della produzione e del consumo di prodotti di origine animale entro il 2050”.
Entrare in un fast food pensando a queste evidenze sulla sostenibilità della nostra alimentazione quotidiana, non contribuisce di certo a declinare un’analisi scevra da pregiudizi sulla qualità dell’offerta. Ma un tentativo lo vogliamo fare ugualmente. Non dimenticando le avvertenze di scienziati e ambientalisti, ma con lo spirito un filo ottimistico che ci viene dall’aver osservato che, alla fine, sono le domande degli esseri umani a determinare la condotta dei colossi dell’agroalimentare. Certo, noi consumatori siamo influenzabili e anche parecchio, però non possiamo non osservare che complessivamente i fast food, i big della ristorazione veloce demonizzati fino a qualche anno fa, tutto sommato ne hanno fatti di passi verso una crescita e una consapevolezza qualitativa (anche in termini di qualità di pensiero) della loro offerta. Nel costante tentativo – per lo meno sul mercato italiano ma non soltanto – di affrancarsi dal bollo di distributori di junk food. Di più: l’Italia sembra fare da traino alla via verso una maggiore qualità all’interno di questi (ex?) colossi del cibo spazzatura.
Fonte: Gambero Rosso