Se il Canada accetterà di tutelare le DOP del Mezzogiorno, cancellare le quote di importazione sul lattierocaseario e stoppare l’export di prodotti fuori legge in Europa, Coldiretti dirà sì al Ceta. Lo ha svelato il presidente Coldiretti, Ettore Prandini, in un’intervista a largo raggio concessa a ItaliaOggi, a margine del Milano Agrifood&Travel Global Summit organizzato venerdì scorso da Class Editori e Il Gambero Rosso.
D: Approvata la direttiva Ue contro le pratiche sleali, gli agricoltori avranno più redditività? In Italia esiste già una normativa, che prescrive contratti in forma scritta. Ma spesso è aggirata…
R: Coldiretti ha voluto fortemente che la questione venisse affrontata con approccio legislativo comunitario. Perché si creino le condizioni per allineare i poteri all’interno della filiera; poteri di contrattualizzazione nella vendita dei prodotti, per evitare azioni di forza esercitate in passato. E non ripetibili in futuro. Diventa ora strategico l’obbligo di origine in etichetta. Nell’aprile del 2020 l’Ue discuterà sull’estensione dell’origine a tutti i prodotti agroalimentari a livello Ue. Coldiretti lavora a creare le condizioni affinché in etichetta venga evidenziato lo stato membro d’origine. E non solo l’origine europea. Questo esalta il carattere qualitativo, ma anche culturale e storico, che il nostro paese ha. E altri paesi non hanno. Tutto ciò è funzionale ad evidenziare e a valorizzare la qualità dell’agroalimentare italiano.
La tecnologia gioca un ruolo molto importante in questa partita. Coldiretti lavora a una sua piattaforma blockchain per garantire l’origine dei prodotti?
Sì. La blockchain è una sfida. Crea le condizioni per poter informare in modo consapevole i consumatori, grazie alle etichette intelligenti e alla raccolta dei dati, che parte dal lavoro fatto in campagna. Sarà un’evoluzione tecnologica all’interno delle aziende agricole; queste tracceranno tutto il lavoro svolto a partire dalle fasi di coltivazione. Per poi rappresentarlo in termini di distintività; così faranno emergere che l’agricoltura italiana è diversa da quella del resto del pianeta.
C’è il problema dazi. Alla garanzia per il consumatore mondiale, che un prodotto sia realmente Made in Italy, autorità che governano grandi mercati come quello Usa, rispondono con un puro protezionismo nazionalistico. Come evitarlo?
Serve un’azione fatta dalle istituzioni a livello Ue. Se ci muoviamo come singoli stati membri non avremo mai la forza per contrapporci alle azioni di carattere economico, come quelle minacciate da Trump. Contestualmente, oltre al tema dazi c’è l’Italian sounding, che ormai ha superato in valore i 100 mld di euro. Il mercato Usa oggi conta 20 mld di euro di italian sounding e vale per l’Italia 5 mld di euro di esportazioni. È il secondo/terzo mercato di sbocco. I dazi andrebbero a compromettere asset del made in Italy: il lattiero-caseario, il vitivinicolo, l’extravergine d’oliva e, a quanto pare, la pasta. C’è il tentativo Usa di valorizzare proprio l’italian sounding: copiano i prodotti della storia italiana e bloccano l’import di vero Made in Italy per favorire le loro copie.
Fonte: ItaliaOggi