Il 18 ottobre 80 allevatori condurranno una mandria davanti a Palazzo Pubblico di Siena su ‘iniziativa del Consorzio di Tutela: “Il mercato ce la invidia, così la rilanceremo”
Il colpo d’occhio sarà roba mai vista. Almeno da quando i maiali di Cinta venivano usati come spazzini in piazza del Campo: divoravano il “granellame” caduto dai banchi del mercato. Ma questa è leggenda. La realtà invece è che il 18 ottobre, 80 allevatori condurranno di nuovo decine di esemplari in piazza.
Servendo ai fotografi uno scatto storico: un mandria “in posa” davanti al Palazzo Pubblico. L’istantanea ha una missione: varare la campagna promozionale voluta dal Consorzio di Tutela della Cinta Senese DOP che, a novembre, compie 30 anni. E farlo nell’ambito di BuyFood, la giornata dedicata alla promozione dei prodotti DOP che si terrà mercoledì 20, al Santa Maria della Scala.
Che la Cinta fosse roba seria lo aveva capito il Lorenzetti che, nel 1300, raffigurava negli “Effetti del buon governo“, un esemplare pascolare verso le mura. Lo sa anche il Consorzio che nella Sala della Pace, sotto quell’affresco spiegherà come La Cinta sia ancora “buon governo“.
Dietro gli esemplari che, adulti, sfiorano i 120 chili, c’è un giro d’affari da 5 milioni di euro l’anno. Le richieste da Giappone e Nord Europa sono alle stelle. E arrivano a 100 tonnellate di carne l’anno. “Se dovessimo rispettarle – spiega Daniele Baruffaldi, presidente del Consorzio – dovremmo potenziare l’offerta di dieci volte. Servirebbero 20mila capi allevati e macellati. L’anno scorso siamo arrivati a 3.700″.
Ma i maiali non sono bulloni. “Non li puoi accumulare in attesa di venderli. La Cinta ha tempi lunghi fra stagionatura e allevamento. Per “fare” un maiale serve un anno. E se superano il peso, perdono di pregio. Ma se un allevatore avesse la certezza che ogni mese può metterne sul mercato10 o 20 le cose cambierebbero. Servono programmazione e accordi con i trasformatori”.
Così i costi della logistica sarebbero ammortizzati dalla quantità di carne immessa. “Ora sono poco sostenibili, essendo bassa la produzione. A Milano ci sono ristoranti che farebbero salti mortali per un`arista di Cinta. Se ogni mercoledì ne arrivasse in città un carico andrebbe esaurita”.
E porterebbe Siena nelle bocca del mondo. Per questo il Consorzio gioca la carta dell’identità: quella dei porcari, gli allevatori di Cinta. L’immagine è potente: un mestiere secolare con mercato internazionali. “Ma la condizione, oltre ai porcari, è legata al territorio: il disciplinare Dop prevede che gli animali siano allevati e macellati in Toscana”. Servono cioè nuove terre. “La regione è ricca di aree che hanno le caratteristiche per essere convertite”. La strada è lunga. Ma il primo passo sarà una foto: la Cinta e i porcari, lì dove tutto è iniziato.
Fonte: La Nazione