«Il Ceta è un accordo positivo per l’agroalimentare made in Italy. Innanzitutto perché il Food riveste all’interno dell’intesa un ruolo specifico con misure sia sotto il profilo tariffario che della tutela dei marchi. Aspetti che, per il solo fatto di esserci, restituiscono al nostro settore una propria dignità facendo sì che non venga trattato, come invece purtroppo è accaduto tante volte in passato, come una mera merce di scambio». Ne è convinto Dino Scanavino, presidente della Cia-Agricoltori italiani che, dopo le polemiche dei giorni scorsi sulla possibile mancata ratifica dell’accordo da parte del Parlamento italiano (ipotizzata dal vicepremier Luigi Di Maio), interviene sul Ceta, l’intesa di libero scambio tra Ue e Canada in vigore dallo scorso 21 settembre. «Io resto convinto che anche l’ipotesi di non ratificare l’accordo non sia già decisa – spiega Scanavino -. Lo stesso ministro delle Politiche agricole, Gian Marco Centinaio, ha già chiarito che vuole approfondire il tema perché ancora non è sicuro se il Ceta sia un bene per l’Italia o meno».
Ecco, vediamoci chiaro. Quali sono i dati?
Qualcuno ha riportato cifre negative relative all’export di alcuni, neanche tutti, i prodotti agroalimentari. Dati aggiornati al primo trimestre del 2018. Prendendo, invece, in esame il periodo che va da ottobre ’17 (da quando cioè il Ceta è in vigore) fino ad aprile ’18 a noi risulta che le spedizioni agroalimentari made in Italy nel complesso sono aumentate del 6%. E quelle del nostro prodotto di punta, il vino, del 4,5%.
Quindi nessun dubbio che sia un’intesa positiva.
Nessun dubbio che ci siano benefici per l’Italia. Il Canada è un Paese che ha una grande considerazione del made in Italy, una popolazione con un elevato potere d’acquisto e non produce nulla che sia concorrenziale con il nostro Food di qualità.
Beh, in realtà il Canada è un grande produttore di grano duro per la pasta.
Le cui spedizioni in Italia, sempre nel periodo ottobre ’17 aprile ’18 sono calate del 59%. E questo perché il grano canadese ha ormai quotazioni che lo pongono fuori mercato.
Quindi non c’è nulla da migliorare?
No, si può sempre migliorare. Ad esempio è paradossale che nell’accordo abbiano ottenuto protezione alcune micro DOP dell’olio extravergine di oliva come Veneto Valpolicella, Veneto Euganei e Berici, Veneto del Grappa DOP e non invece la ben più importante Terra di Bari DOP. Ma questo è dovuto alle dinamiche del negoziato che ha selezionato i prodotti da proteggere tra quelli, magari anche piccoli, ma che già sono presenti in Canada. E l’olio extravergine di oliva Terra di Bari DOP nonostante le maggiori potenzialità sul piano dei volumi ancora non c’è. Quindi bisogna lavorare prima per portarcelo in Canada e poi ne chiederemo la protezione.
Quindi le polemiche dei giorni scorsi sono solo falsi allarmi?
Ognuno è libero di scegliere i nemici da combattere. Personalmente sono molto più preoccupato dal negoziato col Mercosur, ovvero con i Paesi dell’America Latina che tra carni argentine e brasiliane, agrumi e vini cileni è potenzialmente molto più pericoloso per il made in Italy.
Fonte: Il Sole 24 Ore