Sergio Zingarelli, dopo una ventennale esperienza nel Cda, da 5 anni è presidente del Consorzio Vino Chianti Classico, che rappresenta circa il 96% dei produttori della DOP e si conferma uno dei principali referenti delle istituzioni nazionali e comunitarie per il settore vitivinicolo, custode di una delle tradizioni più belle della Toscana. Durante la sua presidenza, sono stati introdotti due importanti cambiamenti e si sono svolti i grandi festeggiamenti per i 300 anni di storia, dal 1716, quando il Granduca Cosimo III de’ Medici decise di delimitare con un bando, alcuni territori particolarmente vocati per la produzione di vini di alta qualità.
Durante la sua presidenza c’è stato un forte rinnovamento di immagine, a cominciare dal logo del Chianti Classico.
“Ci lavoravamo già da prima della mia presidenza, nella consapevolezza di quanto sia determinante avere un’identità molto forte, riuscire a differenziare il simbolo legato a una delle denominazioni vitivinicole più importanti al mondo. Ristrutturare l’immagine della denominazione dopo 90 anni, era necessario, ma non facile, volevamo far passare il messaggio che se c’è il Gallo Nero è Chianti Classico, se non c’è il Gallo Nero non è Chianti Classico. Così via i vecchi colori, via la ceralacca, è stato ridisegnato un gallo nero molto vigoroso, più moderno. Purtroppo non possiamo usare la parola Gallo fuori dall’Italia per l’annosa querelle degli anni 90 quando l’azienda americana Gallo Winery vinse una causa sull’uso del nome, ma abbiamo dato forza all’immagine. Poi abbiamo preso una decisione importante, un solo gallo sulla bottiglia, mentre prima, oltre al gallo obbligatorio sulla fascetta, poteva essercene un altro. Col nuovo disciplinare, in vigore dal 2014, il Gallo Nero non è più sulla fascetta di Stato ma è obbligatorio metterlo sul collo della bottiglia o in contro etichetta. Un solo gallo, ben riconoscibile, questo è stato un primo passo determinante per legare sempre più la denominazione al nostro simbolo, e presto partirà una nuova campagna pubblicitaria in Usa e Canada – grazie ai finanziamenti Ocm vino – su riviste specializzate tipo Wine Spectator, per focalizzare appunto questa nuova immagine del Gallo Nero”.
La seconda innovazione della sua presidenza è l’istituzione della Gran Selezione, nata con lo scopo di raggruppare le eccellenze del Chianti Classico e tenerle tutte unite.
“Un’idea che era in gestazione da tempo e ha trovato conferma durante un’assemblea dei soci, perché inizialmente diverse aziende erano contrarie. Oggi esistono tre tipologie di Chianti Classico, diverse per caratteristiche chimiche e organolettiche, Annata, Riserva e Gran Selezione. Quest’ultima è stata introdotta nel 2014 con l’obiettivo di stratificare verso l’alto l’offerta enologica del territorio. E’ una categoria volutamente superiore, con caratteristiche diverse, deve essere un vino prodotto esclusivamente con uve aziendali, della stessa cantina che imbottiglia il vino, con un corso di affinamento di 30 mesi complessivi, 6 mesi in più che per la Riserva. Il produttore deve dichiarare sempre, al momento della richiesta di idoneità del prodotto, la sua destinazione d’uso, ovvero se il prodotto per cui si richiede la certificazione è destinato a Chianti Classico Annata, Riserva o Gran Selezione. Valoritalia poi fa la certificazione”.
E come sta andando la Gran Selezione?
“Molto bene, sono passati già tre anni da quando è stata presentata a Firenze durante un evento mondiale a Palazzo Vecchio, nel Salone dei Cinquecento, sotto l’affresco del Vasari che per primo ha raffigurato il Gallo Nero. All’inizio, come spesso accade nel caso di cambiamenti importanti, abbiamo ricevuto molte critiche, ma dalle venticinque aziende iniziali, oggi siamo più di cento e abbiamo notato che l’introduzione della nuova categoria non ha penalizzato la Riserva, al contrario, ha fatto da traino alle vendite. Stappate le prime bottiglie di Gran Selezione, l’eco mediatico è stato enorme”.
Si può dire quindi che la Gran Riserva ha rivitalizzato il Chianti Classico?
“Penso proprio di sì, ne ha beneficiato tutto il Chianti Classico; dopo la stampa è arrivato il riconoscimento da parte dei clienti, con una crescita costante fino a oggi delle vendite di Gran Selezione, specialmente nei ristoranti e una significativa rivitalizzazione del mercato italiano. Comunque, in generale, negli ultimi 20 anni, la qualità media del Chianti Classico è migliorata in maniera esponenziale, le aziende hanno investito moltissimo in vigna, per migliorare la qualità del sangiovese e oggi abbiamo un patrimonio di primissimo livello, con uve eccellenti che danno vini validi”.
A che punto siete con la richiesta di iscrizione al patrimonio dell’Unesco?
“Ci stiamo lavorando ma è un percorso lungo, stiamo predisponendo il lavoro per richiedere che oltre 71.000 ettari di territorio, nel cuore della Toscana, vengano inseriti nell’albo del Patrimonio dell’Umanità. Speriamo che la richiesta venga accolta positivamente”
Fonte: Fondazione Qualivita