Tutti sanno chi è Tafazzi, il simpatico omino interpretato da Giacomo Poretti che, saltellando felice, si colpisce l’inguine con una bottiglia. In politica, ì Tafazzi per antonomasia sono sempre stati i rappresentanti della Sinistra, grazie anche a Walter Veltroni che dalle colonne dell’Unità ne fece certificare la simbiosi. Tuttavia Tafazzi è ormai un valore universale che ha dato il nome anche ad una proteina, la tafazzina, il cui processo di ricerca era stato così laborioso da esser quasi masochistico. Anche un paese come l’Italia può quindi tranquillamente aspirare ad avere i suoi bei momenti in cui saltella con la bottiglia.
Prendiamo il recente annuncio del neo ministro dell’Agricoltura, Centinaio, per il quale l’Italia arresterà la ratifica del CETA, l’accordo di libero scambio tra Canada e Unione europea. Il Trattato, che richiede l’approvazione di tutti i parlamenti nazionali, istituisce un regime di libero scambio e protezione della proprietà intellettuale.
Tuttavia, secondo il ministro, il CETA «tutela solo una piccola parte dei nostri prodotti DOP (denominazione di origine protetta) e IGP (identificazione geografica protetta)», e bisogna «far di tutto per contrastare l’Italian sounding» (vale a dire la denominazione di prodotti stranieri con nomi che richiamino quelli italiani, tipo “Parmesan”, per capirci). Di contorno ci sono le lamentele di Coldiretti sulle solite carni con gli ormoni e il grano al glifosato provenienti dal Canada. Orbene, sembra dunque che le principali preoccupazioni riguardino i prodotti agro-alimentari, ma a questo proposito cerchiamo di capire cosa prevede il CETA.
Prima di tutto esso abbatte le tariffe doganali su tutti i beni, industriali e agricoli. Sotto questo profilo, le nostre tipiche esportazioni agroalimentari sono quelle che beneficiano di più: la pasta (dazi dal 10% a 0) il vino (barriere non tariffarie eliminate e via i dazi), formaggi (quasi triplicate le tonnellate che si possono esportare senza vincoli), persino le acque minerali (da 11 a 0). Ma i vantaggi si estendono a tutto l’export. Di cosa stiamo parlando? Di 5,5 miliardi di euro di interscambio con una bilancia commerciale positiva per 2, 4 miliardi a nostro favore (dati Mise). E non bisogna essere una beautiful mind matematica per capire che quando c’è un tale sbilancio e vengono abbattute le tariffe per i prodotti per noi più importanti, quantomeno in termini assoluti saranno le imprese italiane a guadagnarci. Si aprirà il settore dei servizi e degli appalti: mentre noi siamo già abituati alla concorrenza in casa da parte degli europei, i canadesi un po’ meno, perciò ce ne potremo meglio avvantaggiare.
Fonte: La Repubblica