Controllo costante della filiera ed elevati standard di qualità: il Consorzio Casciotta d’Urbino DOP punta sullo sviluppo sostenibile e sulla sinergia delle qualità territoriali
La Casciotta d’Urbino, eccellenza italiana di stampo marchigiano, ha vissuto a lungo nel riserbo delle alture della provincia di Pesaro e Urbino prima di affermarsi come DOP. La regolamentazione ufficiale delle tecniche casearie che si erano sviluppate nel secondo dopoguerra avvenne il 30 marzo 1982. Il disciplinare di produzione fu poi recepito, una volta introdotto il Regolamento europeo, con la Denominazione di Origine Protetta secondo cui la Casciotta d’Urbino è inimitabile perché le zone di produzione, caratterizzate dalle condizioni ambientali e dalle consuetudini di lavorazione, ne determinano le particolarità organolettiche e merceologiche. Le modifiche al disciplinare della DOP apportate recentemente sono riuscite a coniugare la tradizione con le nuove tecniche produttive e consentono la produzione di un formaggio del tutto tracciabile. Una ricetta che nasce dalla sapienza delle “vergare”, le donne di casa, che nelle aziende agricole del pesarese avevano il compito di occuparsi non solo della famiglia ma anche dell’allevamento di una decina di pecore e di alcune mucche. Secondo la tradizione, una volta consumato il latte necessario alla giornata, con il restante la “vergara” faceva una miscela di latte vaccino e ovino che trasformava nel “formaggio della vergara”, oggi conosciuta come Casciotta d’Urbino DOP. Nel 1980, la crisi del mercato del latte spinse alcuni produttori a rilanciare la ricetta tipica delle famiglie mezzadrili per valorizzare l’indissolubile legame con il territorio di produzione e la storicità di questo formaggio, particolarmente apprezzato già da Michelangelo Buonarroti. È negli anni ’80 che si costituisce, presso la Camera di Commercio di Pesaro, la prima associazione dei produttori di Casciotta d’Urbino che si trasformerà, nel 1992, in Consorzio volontario. Per conoscere meglio questa eccellenza casearia italiana, Consortium ha incontrato il presidente del Consorzio Casciotta d’Urbino DOP Gianluigi Draghi e il coordinatore Paolo Cesaretti.
Presidente Draghi, partiamo dai numeri: qual è il bilancio della DOP stilato nel corso dell’ultima Assemblea? Il 2020 ha confermato la flessione produttiva, seppur contenuta, a causa dell’abbandono dell’attività degli allevamenti più svantaggiati e alle difficoltà dovute ai continui attacchi subiti da animali selvatici. La pandemia, che ancora sconvolge la vita sociale e ha stravolto i programmi di sviluppo del settore, ha portato il Consorzio a ridimensionare la propria attività, ma sempre garantendo ai consumatori un prodotto di assoluta qualità e introducendo buone pratiche al fine di aumentare il benessere animale e assicurare il giusto compenso alla filiera. I nostri allevatori operano in un territorio incontaminato e producono prodotti di alta qualità scegliendo metodi tradizionali, rispettando la dignità e il benessere degli animali e dell’ambiente in cui vivono. La nostra missione punta a promuovere questi elementi di valore, utilizzando le nuove forme di comunicazione che consentono di fare conoscere il prodotto alle nuove generazioni, anche fuori dal territorio di produzione.
Che cosa significa in termini di produzione? Il 2020 ha visto la produzione della Casciotta d’Urbino attestarsi intorno ai 124mila kg ottenuti dalla trasformazione di circa 1 milione di litri di latte ovino e vaccino (nella percentuale da disciplinare del 70% e 30%), prodotto da 50 allevatori che presidiano l’alta collina e le montagne dell’Appenino pesarese nonché i comuni di Novafeltria, Talamello, Sant’Agata Feltria, Casteldelci, Maiolo, San Leo e Pennabilli della provincia di Rimini. Nel 2020 i consumatori italiani hanno apprezzato le qualità di circa 125mila forme di Casciotta d’Urbino DOP prodotte dai due caseifici autorizzati e controllati dall’ASSAM, dove sono impiegati circa 100 lavoratori. Il prezzo medio che ha riconosciuto il mercato finale è stato di 14 euro alla forma, per un fatturato di quasi 2 milioni di euro. Dati sicuramente positivi in un anno segnato dall’emergenza sanitaria, soprattutto se confrontati al 2019 quando la produzione di Casciotta sfiorava i 133mila kg per 134mila forme, registrando una leggera diminuzione.
Cesaretti, siamo di fronte a uno dei simboli del made in Italy, tra i primi prodotti caseari ad aver ottenuto la DOP in Italia. Chiediamo a lei, come coordinatore del Consorzio: come si rafforza la tutela, la promozione e l’informazione delle produzioni DOP? La tutela avviene intervenendo sull’intera filiera. Questo significa operare un controllo costante per tracciare la qualità dal campo fino alla tavola. Le attività di controllo esercitate nel territorio da ormai tre anni non hanno mai rivelato contraffazioni. Vorrei sottolineare che la DOP non possiede soltanto un valore economico, dato dal quantitativo prodotto ogni anno, ma anche un determinante valore sociale e territoriale. Fondamentale è infatti lo stretto legame con il territorio, che assicura la permanenza degli allevatori in zone interne, a volte svantaggiate, garantendo in questo modo alti standard ambientali e di biodiversità. Per quanto riguarda la produzione possiamo, infatti, contare su piccoli quantitativi annuali. Il latte viene prodotto da circa 50 aziende agricole dove il ricambio generazionale è molto lento, soprattutto perché non è facile assicurare un reddito costante: si tratta di una sfida, questa, da vincere tutti insieme per continuare a produrre un’eccellenza del made in Italy, sinonimo di storia, cultura, qualità e tradizione italiana.
Cosa ci sta insegnando la pandemia da Covid-19 rispetto al modo di operare di molti Consorzi di tutela e quali sono le prossime sfide per il futuro? La terribile emergenza sanitaria che stiamo ancora vivendo ci sta insegnando che la tutela dell’ambiente è un passo fondamentale, una chiave di sviluppo per il futuro sempre più urgente e rilevante. Il consumatore oggi è più preparato, evoluto e curioso rispetto ai cibi sani dei quali vuole non soltanto sentirne i sapori, ma anche conoscerne la storia, il territorio, gli usi e le tradizioni. Operiamo in un mercato in continua evoluzione, in cui i driver di acquisto ed i trend di consumo convergono sempre di più nel mix gusto/salute. Il Consorzio di tutela Casciotta d’Urbino guarda al futuro nella direzione del biologico. Stiamo infatti valutando, insieme agli allevatori, l’opportunità di convertire in bio l’intera produzione della Casciotta d’Urbino DOP. L’utilità nasce dalla necessità di rispondere alla crisi pandemica ed economica con dei progetti lungimiranti e trova ragione nel fatto che gli allevatori già operano in regime bio. Questo progetto è in linea con la nuova politica regionale in campo agricolo, in particolare con l’iniziativa dell’assessore regionale Mirco Carloni che punta a fare delle Marche il Distretto del cibo biologico più grande d’Italia. Inoltre, con l’iniziativa “Doppiamente eccellenti” vorremmo promuovere un Consorzio unico riconosciuto per la DOP Casciotta d’Urbino e la DOP Formaggio di Fossa di Sogliano.
A cura della Redazione
Fonte: Consortium 2021_03