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L’anteprima sarà alle Olimpiadi di Londra. E’ lì che il True Italian Ristorante, pronto a servire 12 mila pasti all’interno di Casa Italia, l’hospitality house del Comitato olimpico italiano nel centro conferenze Queen Elizabeth I a Westminster, farà il suo esordio ufficiale. Il locale può essere considerato il primo mattone di un percorso che dovrà portare, secondo gli ideatori, all’apertura a gestione diretta, e successivamente allo sviluppo in franchising, di una rete di ristoranti, caffetterie e punti vendita a marchio «True Italian Food & Wine» impegnati a veicolare e promuovere il patrimonio enogastronomico e la cultura alimentare
dell’Italia nel mondo.
L’iniziativa imprenditoriale, che avrà il suo quartier generale a Londra anche dopo le Olimpiadi, non poggia solo sul pilastro della ristorazione, come spiega il manager Gianluigi Contin, fautore del progetto assieme al patron della società Gianni Prandi, imprenditore attivo anche nell’ambito della comunicazione. Il presupposto è l’assenza storica oltre confine di un campione nazionale della distribuzione, mentre in Italia avanzano Auchan, Carrefour, Tesco e Billa-Rewe. A peggiorare la situazione ci si è messa la cancellazione dell’Ice che adesso il Governo Monti prova a rilanciare con la nuova Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione. L’obiettivo è creare un nuovo e organizzato canale di distribuzione internazionale per produttori agroalimentari e prodotti tricolori autentici a marchio di tutela in modo da aumentare la capacità di penetrazione del made in Italy. Un settore da 20 miliardi che, in decisa contro tendenza rispetto al contesto globale, ha fatto segnare performance incoraggianti con un aumento dell’ export del 7% nel primo quadrimestre 2012. Cifre considerevoli e una potenzialità ancora inespressa se è vero che «esiste una difficoltà fisica a mettere le eccellenze alimentari italiane sugli scaffali. Le nostre piccole emedie imprese sono in balia della grande distribuzione organizzata internazionale che passa attraverso importatori e distributori», afferma Contin. E ad ogni passaggio le spese a carico delle aziende lievitano e la competitività ne risente, in particolare per quella metà delle 60 mila imprese alimentari rappresentate da ditte individuali, mentre il 30% circa sono società di persone e il 20% circa di capitali. Numeri che dimostrano una forte frammentazione del comparto, fatto in prevalenza da imprese di piccole o piccolissime dimensioni. Piccoli e vessati perché «un prodotto venduto a 10 euro in Italia sugli scaffali dei negozi USA raggiunge i 55 euro e in India i 65». Per abbassare i costi, sostiene Contin, è prioritario accorciare la filiera. «La catena distributiva è composta da un importatore, un distributore e un dettagliante; nel nostro caso le ultime due figure si uniscono e in questo modo saltiamo unpassaggio eliminando un anello della catena e quindi un rincaro». Il piano di sviluppo di True Italian Food & Wine prevede, nel periodo 2013-2017, l’apertura di 107 esercizi di diverso formato in quattro paesi: Usa, India, Russia, Cina per una rete di Casa Italia con ristoranti, caffetterie e punti vendita (defïniti empori). «C’è una domanda straordinariamente crescente di prodotti made in Italy in paesi dove manca un’offerta adeguata. Noi vogliamo essere il punto di congiunzione tra questi due elementi». L’investimento iniziale è di 10 milioni di euro, altri 30 sono previsti per lo sviluppo del piano industriale nell’arco dei cinque anni. «In sostanza True Italian mette a disposizione delle aziende lo scaffale, lavora all’ export senza far pagare inutili gabelle e sviluppa il marketing» anche grazie a investimenti per 4,5 milioni nei mercati in cui opera, garantendo così un vantaggio per le singole imprese italiane. L’azione di supporto, oltre che nella diminuzione degli oneri, si inserisce direttamente nel processo di intemazionalizzazione. Altro obiettivo, infatti, è affiancare alle Pmi un management dalle competenze adeguate per affrontare i mercati stranieri e offrire ai produttori italiani nuovi strumenti di difesa contro i vuoti legislativi che a livello internazionale non tutelano i prodotti a certificazione garantita (Dop, Igp).Un sistema che, nel suo complesso, rappresenti anche un argine al fenomeno del cosiddetto “Italie sounding”, ovvero la falsificazione dei prodotti nazionali, che costa 60 miliardi di mancati guadagni; mentre di 6 miliardi è il danno che ogni anno il sistema-agricolo nazionale subisce dalle contraffazioni e imitazioni.