Dopo aver superato quasi indenne il 2020, l’anno più duro per le restrizioni anti-Covid, l’agricoltura ha dovuto affrontare importanti difficoltà dovute agli eventi climatici nel 2021, per poi entrare in un periodo di grande incertezza nel 2022 a causa del conflitto in Ucraina e del rincaro dei prezzi dell’energia.
È questo il quadro delineato dalla più recente edizione del documento “Economia e legislazione agricola” redatto da Crea, il consiglio per la ricerca agricola e l’analisi dell’economia agraria, e dall’Istat, che ha come eloquente titolo: “L’agricoltura non aggancia la ripresa ma può contare su misure straordinarie“.
“Nel 2021 il settore dell’agricoltura, silvicoltura e pesca, che l’anno precedente si era distinto come uno di quelli meno penalizzati dai lockdown, non ha beneficiato del generale clima di ripresa che ha caratterizzato il secondo anno della pandemia da Covid-19 – si legge nel documento – La ripresa è stata compromessa dagli eventi climatici avversi che hanno penalizzato l’annata agraria. Particolarmente colpiti sono stati i volumi produttivi delle coltivazioni, mentre si è registrato un buon risultato per il comparto zootecnico. Il generale sensibile rialzo dei prezzi ha sostenuto il valore delle produzioni ma ha indotto un peggioramento della ragione di scambio che ha penalizzato gli operatori del settore. La guerra in Ucraina ha annullato ogni possibile previsione: l’inasprimento dei rincari delle materie prime energetiche e le nuove difficoltà di approvvigionamento delle imprese, in aggiunta alle preesistenti strozzature all’offerta, potrebbero provocare conseguenze a lungo termine per l’agricoltura italiana“.
Nel dettaglio il settore primario nel 2020 ha perso l’1,8% della produzione e il 4,7% del valore aggiunto in volume, a fronte di un calo dell’8,8% registrato per l’intera economia nazionale. La crisi ha danneggiato soprattutto le attività secondarie, primo fra tutti il comparto agrituristico. Anche il settore della pesca nel 2020 ha subito un pesante ridimensionamento (-19,9% di produzione e – 26,8% di valore aggiunto in volume).
Nel 2021, poi, l’agricoltura non ha beneficiato della ripresa dell’economia nazionale, poiché fortemente colpita da fattori climatici avversi: i volumi produttivi sono infatti ulteriormente diminuiti (-0,4%) e il rilevante incremento dei costi di produzione ha indotto un nuovo calo del valore aggiunto dello 0,8%. Ciononostante segnali positivi sono arrivati dai dati su occupazione e redditi agricoli; anche il comparto agroalimentare ha segnato una crescita in volume del 2,4%.
“I prodotti tipici dell’agricoltura hanno subito una contrazione dell’1,2% del volume della produzione e dello 0,6% del valore aggiunto e flessioni consistenti hanno interessato anche la silvicoltura, la cui produzione ha perso il 5,3% in volume (meno 3,2% il valore aggiunto) e la pesca (meno 1,8% la produzione e meno 2,9% il valore aggiunto in volume) – proseguono gli esperti di Crea e Istat – Solo le attività secondarie dell`agricoltura, che nel 2020 avevano sperimentato una drastica riduzione dei volumi di produzione (meno 17,2%), nel 2021 hanno registrato un consistente recupero (più 9,6%). L’elemento distintivo del biennio è stato il progressivo incremento dei prezzi, lievitati dallo 0,7% al 6,7%, e il repentino innalzamento dei costi dei consumi intermedi, da – 1% del 2020 a +8,5% nel 2021“.
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Fonte: la Repubblica – Affari e Finanza