Maoddi, presidente del Consorzio per la Tutela del Formaggio Pecorino Romano: “Il caro energia non è più sostenibile, con le bollette quadruplicate caseifici al collasso”.
“La situazione è drammatica per l’intera filiera, per i trasformatori che vedono raddoppiati i costi di produzione e quadruplicate le bollette, e per gli allevatori che devono vedersela con i costi in continuo aumento di gasolio, mangimi e concimi. Il caro energia non è più sostenibile, i caseifici sono diventati ormai grandi consumatori di energia e non essendo riconosciuti come soggetti energivori non usufruiscono dei contributi e degli sgravi previsti per tali categorie. Se continuasse così, è chiaro che sarebbe un’ecatombe per il settore agroalimentare più importante della Sardegna, con conseguenze facilmente immaginabili. Servono riforme e interventi immediati, prima che sia troppo tardi”. Il presidente del Consorzio Pecorino Romano lancia ancora una volta l’allarme su una situazione che nessuno avrebbe mai creduto possibile, soprattutto dopo che il settore lattiero caseario ovino è riuscito, con non poca fatica, a superare le difficoltà di pandemia e lockdown.
Vietato scaricare gli aumenti sul consumatore finale – Impossibile, del resto, scaricare la zavorra degli aumenti sul consumatore finale, ovvero sulle famiglie a loro volta stremate da un costo della vita ormai esorbitante. Prima di tutto per una questione etica, sottolinea Maoddi, e poi perché comunque è una scelta che non paga: se il prezzo aumenta troppo sullo scaffale, chi non può comprare cambia prodotto. “Il consumatore medio ha uno stipendio fisso e di conseguenza, davanti all’aumento dei prezzi, varia il paniere di consumo cercando qualcos’altro di meno costoso. È questa la nostra preoccupazione”.
I ricavi non riescono più a coprire i costi – La via, dunque, è davvero stretta: nonostante le quotazioni del Pecorino Romano siano arrivate a 12-13 euro al chilo, cosa che al momento consente una adeguata remunerazione del latte, di questo passo questo non sarà sufficiente a coprire i costi. “Ecco perché servono interventi immediati e rapide riforme strutturali per riportare i prezzi dell’energia sotto controllo e scongiurare una crisi senza precedenti. Abbiamo centinaia di migliaia di euro all’anno di maggiori costi da recuperare, ma in questo momento è un’impresa impossibile”, ribadisce Maoddi.
Urgono interventi per non far saltare un intero settore – Del resto, come detto, i caseifici sono ormai completamente automatizzati, dotati di macchinari che consumano energia e gas per funzionare, investimenti frutto di sacrifici che rischiano ora di ritorcersi contro. “Non c’è più tempo – ribadisce Maoddi – è necessario fissare subito un tetto europeo al prezzo del gas, ma va recuperato anche il gettito sugli extraprofitti e bisogna iniziare a intervenire seriamente sulle energie alternative, accelerando la strada verso l’agrifotovoltaico e semplificando le procedure burocratiche: ci sono per esempio aziende che dopo aver realizzato gli impianti fotovoltaici attendono mesi per l’allaccio alla rete creando grandi difficoltà. Se non ci saranno interventi immediati, rischiamo di assistere alla chiusura di tante imprese già fiaccate in questi anni da inflazione, pandemia e caro carburanti. Una catastrofe da evitare a tutti i costi. Solo in Sardegna rischia di saltare un sistema economico fatto di 12mila aziende zootecniche, 25.000 addetti e 40 caseifici, un sistema che solo quest’anno ha prodotto un valore di 600 milioni di fatturato. È evidente – conclude Maoddi – che non ce lo possiamo permettere”.
Fonte: Consorzio per la Tutela del Formaggio Pecorino Romano