Sembra ridursi la caduta dei consumi di carni e salumi nei primi mesi del 2016, dopo un 2015 concluso male per le vendite in particolare nel finale d’anno dopo la comunicazione dell’Organizzazione mondiale della sanità che pone una relazione tra consumo di carni rosse e salumi e maggiore rischio d’insorgenza del cancro: questi prodotti hanno fatto registrare un trend a valore pari a -6,9% a novembre e -6,2% a dicembre, in seguito il dato si è ridotto al -3,5% in aprile e -3% a maggio 2016 secondo i dati IRI. Situazione non facile per i produttori che da tempo sono alla prese con gli effetti del mutamento degli stili alimentari: negli ultimi anni gli italiani consumano più frutta, verdura e pesce e meno carni rosse, a cui si è contrapposto, nel 2015, un +3,9% delle carni bianche. Solo nel 2015 le vendite di carni rosse nella GDO hanno perso oltre 170 milioni (-1,8% a 9,6 miliardi di euro).
«La produzione è rimasta stabile – assicura Francois Tomei, dg di Assocarni – anche perché quando ci sono allarmi come quelli dell’OMS si tende a rinazionalizzare gli acquisti». Difatti nel 2015 l’import di carni fresche e semilavorate è calato del 2% a fronte di un aumento del 9% dell’export di semilavorate. «Carne e i salumi, consumati in maniera equilibrata, sono parte della dieta mediterranea – afferma Aldo Radice, Segretario Generale dell’Associazione Carni Sostenibili – Non è infatti un caso che 8 dei primi prodotti DOP e IGP siano, per volumi e fatturato, salumi e formaggi. L’aggiornamento della Clessidra ambientale conferma che in un modello alimentare equilibrato, come quello mediterraneo, l’impatto medio settimanale della carne risulta allineato a quello di altri alimenti, per i quali gli impatti unitari sono minori, ma le quantità consumate decisamente maggiori».
Fonte: Il Sole 24 Ore