Il prodotto italiano in Canada
Le importazioni dei prodotti agroalimentari in Canada sono cresciute esponenzialmente negli ultimi 20 anni, da 19 miliardi di dollari canadesi nel 2000 a 51 miliardi nel 2019 mentre le importazioni dall’Italia sono triplicate passando da 407 milioni a CAD 1,4 miliardi, con un incremento medio annuo del +6,8%. L’Italia è il 4° Paese fornitore con una quota di mercato del 3% e primo Paese della UE dopo avere superato nel 2008 la Francia, le cui esportazioni verso il Canada sono cresciute ad un ritmo meno sostenuto rispetto alle nostre. Gli Stati Uniti si confermano come primo Paese fornitore con una quota di mercato del 55%, pur perdendo lentamente terreno a favore di Messico e Cina. Gli ultimi dati di importazione pubblicati da Statistics Canada per i prodotti agroalimentari (gennaio 2020) riportano un incremento delle importazioni dall’Italia del +12,4% contro il +0,5% dal mondo e un decremento del -4,5% dalla UE. In particolare, le importazioni dei prodotti della salumeria sono cresciute del +110%, dei pomodori in conserva del +43%, di pasta alimentare del +32%, del caffè del +19% e dell’olio di oliva del +9%. I dati non riflettono ancora la crisi provocata dal virus Covid-19 e le misure che il Canada sta adottando provocheranno un inevitabile rallentamento delle importazioni. La Canadian Food Inspection Agency (CFIA), l’agenzia canadese che sorveglia l’intero settore agroalimentare monitora la situazione da vicino e negli ultimi bollettini pubblicati (https://www.inspection.gc.ca/covid-19/questions-and-answers/eng/1584648921808/1584648922156) reitera che niente permette di affermare che gli alimenti possano essere fonte di trasmissione del virus e che non vi sono rischi conosciuti che gli imballaggi provenienti dalle regioni più colpite possano trasportare il virus. Nessuna restrizione sulle importazioni è stata ad oggi implementata dal Canada. A seguito dell’entrata in vigore nel 2017 del Comprehensive Economic and Trade Agreement (CETA) con l’Unione Europea, il prodotto agroalimentare italiano è sempre più presente sul mercato canadese. Nonostante alcune barriere non tariffarie, quali le quote per le importazioni dei formaggi, i monopoli provinciali che regolano la distribuzione degli alcolici su tutto il territorio e altri ostacoli di tipo sanitario (come i trattamenti di fumigazione per frutta e verdura e le rigide normative riguardanti i prodotti della salumeria), l’interesse crescente per il cibo italiano da parte dei consumatori canadesi è dovuto alla ricerca dei prodotti di qualità. La diffusione sul mercato canadese di prodotti agroalimentari made in Italy è anche riconducibile alla presenza di una grande comunità italiana in Canada, che ha contribuito a introdurre l’intera gamma di prodotti.
L’accordo commerciale CETA
Il CETA ha portato alla rimozione dei dazi doganali e alla registrazione di 41 Denominazioni d’Origine italiane protette dall’Ufficio della proprietà intellettuale canadese, con la possibilità di registrare nuove IG, oltre a quelle riconosciute dall’accordo, attraverso una procedura semplice e poco costosa. Da notare che le 41 denominazioni riconosciute rappresentano il 98% dell’export italiano dei prodotti alimentari DOP IGP riconosciuti dall’Unione Europea e che le prime sei denominazioni presenti sul mercato canadese (Grana Padano DOP, Parmigiano Reggiano DOP, Prosciutto di Parma DOP, Aceto Balsamico di Modena IGP, Mozzarella di Bufala Camapana DOP e Prosciutto di San Daniele DOP) coprono da sole il 70% dell’export italiano in Canada di prodotti DOP IGP. Il nuovo regolamento canadese sui marchi, il Trademark Act, modificato in seguito al CETA nel 2018, ha consentito il riconoscimento di un elevato livello di protezione anche ai prodotti alimentari a Indicazione Geografica. Il regolamento sui marchi ha costituito una procedura più veloce, grazie alla quale si potranno iscrivere le DOP IGP che non sono state recepite dall’accordo.
Il Consorzio del Prosciutto di Carpegna è un esempio di quanto sopracitato: depositando una domanda di protezione direttamente in Canada per il riconoscimento del prodotto, con una spesa minima di CAD 450 (circa Euro 300), il Prosciutto di Carpegna DOP è diventato, nell’arco di sei mesi dalla domanda, la prima DOP europea non recepita dal CETA ad essere protetta in Canada. Grazie al CETA, anche denominazioni come Prosciutto di Parma DOP e Prosciutto San Daniele DOP, marchi registrati in Canada negli anni 50 da società canadesi, possono ora essere utilizzate in Canada poiché l’accordo ha riconosciuto la coesistenza dei due marchi.
Per avere accesso al trattamento preferenziale CETA l’esportatore italiano deve essere un “Esportatore Autorizzato” iscritto al registro europeo Rex e produrre una dichiarazione di origine in fattura. Il n. Rex deve obbligatoriamente essere riportato nella dichiarazione per potere richiedere il trattamento preferenziale identificato come Canada – EU Preferential Origin. Il CETA ha inoltre raddoppiato le quote formaggi di provenienza UE. Il regime prevede la concessione di permessi annuali d’importazione per quantità fisse e per quantità variabili, secondo i diritti d’importazione riconosciuti ad un’azienda. Ricordiamo che le importazioni fuori quota sono penalizzate da alti dazi doganali (247%). Nel 2019, le quote sono state di circa 34 mila tonnellate, di cui 23 mila riservate alla UE. Per effetto del CETA, nel 2022 il contingente sarà portato a 38 mila tonnellate di cui 32 mila riservate alla UE.
La distribuzione
I principali canali di vendita sono i gourmet stores, i negozi alimentari e le grandi catene alimentari (prodotti di media-bassa gamma). Nei gourmet stores la disponibilità è molto ampia e la qualità medio-alta. Nei canali della grande distribuzione, nei supermercati e nei retail stores, i prodotti italiani hanno una posizione di rilievo ma con marchi di più grande consumo e di private label. Si nota nella GDO canadese la presenza di un private label dedicato al solo prodotto italiano. La distribuzione alimentare in Canada si caratterizza per una forte dispersione a livello regionale, dovuta alla vastità del territorio (10 milioni di km2). Più del 60% dei 37 milioni d’abitanti in Canada è concentrato nelle province dell’Ontario, in cui il prodotto italiano viene più esportato, e del Québec, la provincia francofona che per affinità culturali ha più potenziale di crescita per il prodotto italiano.
Il trend positivo di biologico e Gluten-free
La costante domanda da parte del consumatore di prodotti biologici testimonia un’esigenza crescente dei canadesi verso nuove abitudini alimentari più sane. La domanda di prodotti biologici, infatti, è in continua evoluzione, con un fatturato di 4,5 miliardi di dollari. Secondo FiBL-lFAOM, la spesa pro-capite destinata ai prodotti biologici in Canada nel 2016 è stata di 121 dollari, contro i 50 del 2007. Il valore delle importazioni è stato di 663 milioni di dollari, di cui il 46% destinato all’Ontario e il 12% al Québec. Secondo Global Trade Tracker, verdura (33%), frutta (34%) e caffè (23%) sono i prodotti biologici più importati in Ontario, mentre in Québec primeggiano caffè (53%), frutta (21%) e olio d’oliva (16%). Grazie alle disposizioni dell’accordo CETA, i prodotti UE possono essere certificati da un organismo accreditato e riconosciuto dal Canada. Anche i prodotti senza glutine hanno visto un aumento nella domanda, poiché ritenuti più salutari e richiesti da più di un terzo della popolazione, sebbene solo meno dell’1% sia celiaca.
I principali prodotti italiani esportati in Canada
Olio d’oliva: l’olio extravergine di oliva è il prodotto italiano più consumato dai canadesi, con un consumo pro-capite di 1,5 litri l’anno. Nel 2019, però, le importazioni dal mondo hanno registrato una flessione del 20% (-33% dall’Italia) dovuta ad un importante calo della produzione.
Formaggi: nel 2019, il valore unitario delle importazioni per kg dall’Italia è aumentato del +5%. Sebbene nel 2019 l’Italia si confermi primo Paese fornitore, le esportazioni hanno perso il -10%, benché nel 2018 ci sia stato un aumento del +35%.
Pasta: nella grande distribuzione, la pasta italiana è presente con un’ampia varietà e ad un prezzo inferiore rispetto ai gourmet stores, dove sono reperibili marchi artigianali. Nel 2019 le importazioni dall’Italia sono aumentate del +16%.
Caffè: negli ultimi 20 anni, le importazioni dall’Italia sono cresciute da 4 milioni nel 2000 a 62 milioni di dollari nel 2019, con una progressione del +8%.
Salumi: nel 2010 il Canada ha reso possibile l’importazione di salumi a stagionatura minima di 30 giorni. Nel 2015, l’importazione è stata aperta a tutti i salumi italiani indenni da malattia vescicolare del suino e accompagnati da un certificato zoosanitario; gli stabilimenti di provenienza devono tuttavia essere abilitati dalla CFIA. Le importazioni dall’Italia sono aumentate del +130% nel 2015, passando da 21 a 48 milioni di dollari.
Conserve di pomodoro: la commercializzazione del prodotto è soggetta a normative fitosanitarie e di confezionamento. Una parte del prodotto importato è gestito da broker locali che riforniscono importatori e catene di supermercati, il resto è acquistato tramite private label. Le importazioni dall’Italia sono aumentate del +17% nel 2019.
Cioccolata: l’Italia è il settimo Paese fornitore con 45 milioni di dollari canadesi (-1%) e una quota di mercato del 3%.
Frutta: le importazioni di frutta sono costituite soprattutto da kiwi (con un aumento del +30% nel 2019), mele e castagne. L’Italia è il quarto fornitore di mele, con una quota del 3% delle importazioni per un valore di 8 milioni e con un incremento del +74% nel 2019 e il primo fornitore di castagne, con un incremento del +33%.
La normativa Safe Food For Canadians
Safe Food For Canadians Regulations (SFCR) è la nuova normativa sulla sicurezza alimentare entrata in vigore nel 2019. Lo scopo della normativa è quello di rendere il sistema alimentare canadese ancora più sicuro, mettendo l’accento sulla prevenzione e permettendo di ritirare più velocemente dal mercato gli alimenti a rischio. La nuova normativa riunisce 14 regolamenti diversi in un unico regolamento consolidato e prevede che le imprese alimentari che importano o esportano richiedano una licenza, elaborino dei piani di prevenzione, sviluppino delle procedure per controllare i rischi e tengano dei registri sulla tracciabilità del prodotto.
A cura di Agenzia ICE Canada
Fonte: Consortium 2020_03