Canada: un sistema di autorizzazione per le IG aperto e agile, un’occasione già colta da due Consorzi italiani
La tutela delle Indicazioni Geografiche nel mondo, come noto, rappresenta una questione tanto economicamente importante quanto giuridicamente complessa. A livello internazionale, infatti, non esiste una procedura standard e universalmente armonizzata per il loro riconoscimento. Si può operare una distinzione di massima, sotto il profilo legale, tra sistemi che inquadrano le Indicazioni Geografiche nella normativa riguardante i marchi e sistemi che invece riconoscono ad esse lo status di istituti sui generis.
Il Canada rappresenta senz’altro, dal punto di vista commerciale, un mercato di straordinaria importanza per le produzioni di qualità italiane.
Il CETA (Comprehensive Economic and Trade Agreement), vale a dire il trattato di libero scambio tra il Canada e l’Unione Europea, è oggetto di valutazioni particolarmente discordanti: alcuni ne enfatizzano gli aspetti positivi per le nostre esportazioni, altri sottolineano in senso critico i considerevoli effetti in favore delle aziende canadesi, altri ancora esprimono preoccupazione per i potenziali effetti negativi in termini di sicurezza alimentare e ambientale.
Certamente, dal punto di vista giuridico e operativo, il CETA rappresenta uno strumento estremamente interessante, in quanto scaturito da un accordo negoziale tra due realtà che inquadrano le Indicazioni Geografiche in modo molto diverso.
Mentre il Canada le inserisce nell’ambito della disciplina sui marchi, infatti, l’Unione Europea le ritiene portatrici di diritti ad hoc.
Il risultato scaturito dall’intesa tra le parti ha dato vita ad una normativa all’insegna di un sano pragmatismo, tale da superare le difficoltà scaturenti dalle diverse posizioni concettuali di partenza.
Di sicuro rilievo è la definizione di cui all’articolo 20.16 del trattato: “… si intende per Indicazione Geografica, le indicazioni che identificano un prodotto agricolo o alimentare come originario del territorio di una parte, o di una regione o località di detto territorio, qualora una determinata qualità, la notorietà o altre caratteristiche del prodotto siano essenzialmente attribuibili alla sua origine geografica…”.
Il CETA, come nella consueta logica degli accordi bilaterali dell’Unione Europea con i Paesi terzi, prevede un sistema di tutela basato sul meccanismo della protezione di lista, con l’impegno reciproco dei contraenti a proteggere le denominazioni indicate da ciascun Paese in appositi elenchi.
Il CETA prevede che nuove denominazioni possano essere aggiunte alla lista delle DOP IGP tramite un negoziato tra le parti, cioè Unione Europea e Canada, ma il regolamento sui marchi introduce un sistema di autorizzazione aperto che offre una procedura “privatistica”, più agile e veloce, con cui i Consorzi possono iscrivere le loro produzioni in un apposito registro di Indicazioni Geografiche da tutelare.
Per la registrazione delle Indicazioni Geografiche, il CIPO (Canadian Intellectual Property Office), all’insegna di questa concreta operatività, prevede una procedura logica e snella, sostanzialmente riassumibile in cinque passaggi.
1. In primo luogo, naturalmente, occorre procedere alla presentazione della domanda. Sul sito del CIPO sono presenti due moduli standard, relativi a “wines or spirits” e a “agricultural products or food”. L’utilizzo di questi modelli, peraltro, non è obbligatorio, ben potendo la richiesta essere presentata in una diversa forma scritta, purché proveniente dalla “responsible authority”. Contestuale alla domanda, che può riguardare una sola Indicazione Geografica, deve essere il pagamento delle tasse amministrative.
2. In secondo luogo, è previsto l’esame della richiesta ad opera del CIPO. L’esaminatore incaricato ha facoltà di chiedere al Ministero dell’agricoltura e dell’industria agroalimentare del Canada informazioni aggiuntive sulla qualità o sulla notorietà dell’Indicazione Geografica in esame.
3. In terzo luogo, in caso di conclusione in senso positivo del suddetto esame, avviene la pubblicazione sul sito del CIPO dello “Statement of the Minister”. Detto avviso riporta i dettagli, le caratteristiche ed i riferimenti dell’Indicazione Geografica proposta. La procedura di opposizione alla registrazione dell’Indicazione Geografica può essere attivata con apposita dichiarazione da qualsiasi soggetto interessato, nel termine di due mesi dalla data di pubblicazione dello Statement.
4. In quarto luogo, può appunto svolgersi, se del caso, questa “Objection Proceeding”. La procedura di opposizione presuppone il pagamento delle tasse amministrative e prevede la presentazione, a cura del soggetto richiedente, di una memoria difensiva. Sia la parte opponente sia l’autorità competente hanno la facoltà di svolgere attività probatoria, presentare osservazioni scritte e partecipare a un’audizione orale.
5. In quinto luogo, ove non venga presentata alcuna opposizione, ovvero questa venga ritirata o respinta, l’Indicazione Geografica in esame viene iscritta nell’elenco curato dal CIPO.
A cura di Avv. Alberto Improda – Studio legale Improda Roma
Il Prosciutto di Carpegna DOP ottiene la protezione con una procedura “privatistica”. Un esempio del CETA che funziona
Gli accordi bilaterali come il CETA rappresentano uno strumento estremamente interessante, frutto di un accordo negoziale tra realtà che inquadrano le Indicazioni Geografiche in modo molto diverso. Questi accordi finiscono spesso sotto accusa perché inizialmente inseriscono solo le denominazioni di maggiore reputazione, ma nel caso del CETA è stata offerta da subito la possibilità di riconoscimento per tutte le IG. Fin dal 2018, infatti, con l’entrata in vigore provvisoria del CETA, è stato possibile utilizzare la procedura introdotta dal Canada del nuovo sistema di riconoscimento legale per le Indicazioni Geografiche che offre ai Consorzi di tutela la possibilità di depositare direttamente una domanda di protezione in Canada per alimenti o vini e alcolici, un’opzione che prima del CETA non esisteva. Una piccola ma agguerrita denominazione italiana, il Prosciutto di Carpegna DOP, ha saputo cogliere questa opportunità ed è diventata un esempio.
“Una DOP italiana, il Prosciutto di Carpegna DOP, mostra che il CETA funziona” la dichiarazione del commissario europeo all’agricoltura Phil Hogan, nel 2019, portando ad esempio il prosciutto marchigiano di fronte al Consiglio dei ministri agricoli.
Il Prosciutto di Carpegna DOP ha ottenuto fin dal 2018 la protezione in Canada, semplicemente utilizzando la procedura del nuovo sistema di riconoscimento legale per le Indicazioni Geografiche.
Il costo dell’operazione nel 2018 per il Consorzio del Prosciutto di Carpegna è stato di 500 dollari canadesi (poco più di 330 euro) più le spese legali.
Anche i Salumi Piacentini DOP protetti dal marchio consortile sul mercato canadese
Nel mese di ottobre 2020 l’Istituzione Federale Canadese “Innovation, Science and Economic Development Canada” attraverso il Cancelliere incaricato dei marchi del CIPO (Canadian Intellectual Property Office), ha firmato il certificato di registrazione del logo “Piacentino – Piacentina” che accompagnerà i Salumi Piacentini DOP nel mercato canadese, difendendoli da qualunque imitazione. Un ottimo risultato del Consorzio di Tutela Salumi DOP Piacentini, che dopo la registrazione del marchio negli Stati Uniti, ottiene la registrazione anche in Canada, mettendo a disposizione dei suoi associati un importante strumento per favorire l’esportazione del Salame Piacentino DOP, della Coppa Piacentina DOP e della Pancetta Piacentina DOP in un mercato strategico.
I benefici si apprezzeranno sia relativamente alla promozione, poiché attraverso il marchio si certificherà ai consumatori canadesi che i salumi contrassegnati sono espressione di una storica tradizione produttiva legata alla cultura locale che è garantita dal rigoroso rispetto dei disciplinari di produzione, sia in relazione alla tutela poiché oggi si dispone di un titolo che consentirà di prevenire o reprimere abusi o usi illegali delle DOP pregiudizievoli per la filiera.
A cura della Redazione
Fonte: Consortium 2020_04