Il presidente Bindocci: “Piegati ma non sconfitti dal Covid, grazie a una grande annata”
Oltre 200 soci, per più di 4.300 ettari di vigneto e un anniversario importante da festeggiare, quello del Brunello di Montalcino, vino icona del made in Italy nel mondo, che quest’anno compie 40 anni dall’approvazione della DOCG. È l’istantanea del Consorzio del Vino Brunello di Montalcino, nato nel 1967 e che oggi tutela quattro dei sette vini DOP del territorio, primo tra tutti il Brunello di Montalcino DOP (di cui il Consorzio rappresenta il 98,2% della produzione), seguito dalle DOP Rosso di Montalcino, Moscadello di Montalcino e Sant’Antimo. Da giugno 2019 la presidenza dell’ente consortile è affidata a Fabrizio Bindocci, oggi affiancato da Michele Fontana alla direzione e da un Consiglio di Amministrazione composto da 15 membri in rappresentanza di viticoltori, vinificatori e imbottigliatori.
Presidente Bindocci, al suo ultimo mandato si è trovato a fare i conti con una delle situazioni più critiche mai attraversate dal settore dal secondo dopoguerra a oggi. Come avete affrontato il periodo del lockdown?
Con le maniche rimboccate e senza lasciarsi prendere dallo sconforto. Del resto, la campagna non si ferma e le vigne hanno bisogno di continue cure, per cui anche in lockdown abbiamo continuato a lavorare, seppur con le dovute misure di sicurezza, sia nei campi che in cantina. Il blocco dell’Horeca ha messo tutti in difficoltà e a pesare è stato soprattutto quello degli Stati Uniti, nostro principale mercato di sbocco con un’incidenza del 30% sulle esportazioni globali, anche se in parte abbiamo avuto fortuna. Infatti, quando Trump ha iniziato a minacciare dazi tra dicembre 2019 e gennaio 2020 c’è stato un aumento degli ordini. A favorirlo anche le qualità dell’annata 2015, appena uscita sul mercato con giudizi eccellenti da parte della critica di settore nazionale e internazionale.
Come si è mosso il Consorzio sul fronte della promozione?
Dal punto di vista della promozione abbiamo cercato innanzitutto di mantenere alto il brand del Brunello e di Montalcino e di rimodulare i nostri investimenti in comunicazione e pubblicità in base alla situazione. In particolare ci siamo concentrati sui canali digitali, sia nazionali che internazionali, per arrivare dove non possiamo approdare con gli eventi come di consueto. All’estero poi si sono mossi anche i nostri importatori e distributori con campagne online rivolte ai clienti. È chiaro che nel prossimo futuro ci sarà bisogno di campagne istituzionali forti, legate al brand enologico italiano e toscano, per riprendere il cammino sui mercati internazionali.
E per quanto riguarda il turismo, com’è andata la stagione estiva?
Quest’anno sono stati tantissimi gli italiani che hanno scelto Montalcino come meta per le loro vacanze mentre, come ci si aspettava, sono mancate la maggior parte delle presenze estere, e questo ha rappresentato indubbiamente una difficoltà in un territorio che ogni anno conta ospiti stranieri nei 2/3 dei casi. Le strutture ricettive si sono così trovate costrette a modificare in breve tempo i propri target e a ridurre i propri numeri, nonostante il boom agostano in uno degli epicentri enoturistici italiani. La leva di un brand globale come il Brunello è fondamentale e, unita al Patrimonio dell’umanità della Val d’Orcia e ai siti di interesse storico, ha determinato nel tempo una crescita esponenziale degli arrivi, che, secondo le rilevazioni della Regione Toscana, è stata del +132% nell’ultimo decennio.
Parliamo di vendemmia, com’è andata quest’anno la stagione?
Quella del 2020 per noi si preannuncia una raccolta di qualità eccellente: le piogge di fine estate hanno reidratato le vigne e i grappoli di Sangiovese sono maturati nei tempi giusti. In termini di quantità, i volumi sono più contenuti rispetto allo scorso anno, ma questo dipende anche dalla scelta dei viticoltori che, come abitualmente avviene, in luglio hanno fatto la vendemmia verde alleggerendo il carico delle viti. Mentre però il clima ci ha favoriti, sul fronte del lavoro le limitazioni dovute all’emergenza sanitaria ci hanno messo a dura prova, con molti dei nostri collaboratori stranieri che hanno dovuto fare la quarantena prima di iniziare la raccolta. Con i voucher sarebbe stato più semplice assumere mano d’opera e dare l’opportunità di lavorare anche a giovani e disoccupati. Bisogna tener conto che Montalcino è una comunità agricola tra le più ricche al mondo e tra le più virtuose a livello nazionale. La nostra economia è fondata per la metà delle proprie imprese da aziende agricole e il tasso di disoccupazione non arriva al 2%, con una capacità di assorbire anche gran parte della manodopera dai comuni limitrofi, raggiungendo circa 4.000 addetti nei periodi di punta.
A cura della redazione
Fonte: Consortium 2020_04