Dal Prosecco DOP alla spina una spina nel fianco delle denominazioni d’origine italiane. Il caso emerso nei giorni scorsi a Londra dove erano stati installati (e poi rapidamente rimossi) dei bancomat che distribuivano sedicente Prosecco (in realtà vino frizzante bianco e non si sa neanche se italiano) mostra però il fianco al difficile scenario che post Brexit si può aprire per la tutela dei prodotti DOP e IGP italiani nel Regno Unito.
Nelle scorse settimane, in vista della data limite del 31 gennaio, dallo stesso ministero per le Politiche agricole erano stati invitati i produttori a registrare i propri marchi di qualità presso l’ufficio brevetti britannico. Una precauzione per avere una prima minima rete di salvataggio nei confronti delle contraffazioni. Ma in realtà la Brexit, e inattesa che venga negoziato un accordo di libero scambio, rischia di aprire davvero un pericoloso vuoto normativo in termini di tutela.
A rischio infatti c’è la cosiddettatutela “ex officio” vera e propria conquista dei prodotti a denominazione d’origine che risale al 2012. La norma introdotta nel regolamento 1151/2012 prevede infatti che di fronte a un caso di imitazione o di contraffazione di un marchio DOP e dietro la segnalazione del Consorzio di tutela sono chiamate a intervenire le stesse autorità del paese nel quale la contraffazione è stata ravvisata. Una misura che ha consentito buoni risultati. Basti pensare che negli ultimi anni, secondo i dati dell’Ispettorato controllo qualità e repressione delle frodi, gli interventi anticontraffazione in tutto il mondo e sul web dal 2014 a oggi sono stati 3.29o, mille tra questi hanno riguardato il solo Prosecco DOP e ben 408 hanno riguardato il Regno Unito. E proprio Oltremanica la tutela “ex officio” ha prodotto importanti risultati con il sequestro di alcune confezioni di falso Prosciutto di San Daniele DOP individuate nei magazzini Harrods a Londra già nel 2013, oltre ai casi di Wine Kit, le confezioni in polvere che promettevano di produrre in casa celebri etichette di vino italiano.
Il Prosecco alla spina è un evidente caso di contraffazione perché il disciplinare di produzione del Prosecco DOP non contempla forme di commercializzazione diverse dalla bottiglia. In realtà, può essere venduto anche sfuso ma in quel caso deve far riferimento al nome del vitigno e quindi può chiamarsi solo “Glera” e non può riportare il nome Prosecco DOP. «Al momento – ha spiegato il capo dipartimento Mipaaf che guida l’Ispettorato controllo qualità, Stefano Vaccari– non ci risulta che lo strumento della tutela ex officio sia sospeso. E la prova ne è il rapido intervento che insieme al Consorzio di Tutela della DOC Prosecco abbiamo chiesto e ottenuto a Londra. Ma certo questo decisivo aspetto dovrà essere specificato e negoziato nel futuro accordo di libero scambio tra UE e Regno Unito».
Un prezioso alleato in questa battaglia può essere lo Scotch Whiskey IGP scozzese che, nel caso in cui tramontasse ogni forma di tutela per i prodotti europei di qualità nel Regno Unito, farebbe venir meno l’analoga protezione in Europa anche per i prodotti britannici.
Fonte: Il Sole 24 ORE