Prove di divorzio, fra la Bresaola della Valtellina IGP e lo zebù (Bos taurus indicus, con corna arcuate, gobba e grande giogaia). Le pratiche saranno lunghe ma l’iter è stato avviato. Fra la Filiera agricola italiana della Coldiretti e la Rigamonti Spa, azienda leader del settore, è stato infatti firmato un accordo che prevede l’uso di bovini italiani al posto degli zebù nati e cresciuti in Brasile e in altri Paesi dell’America del Sud. Diventeranno bresaola, entro tre anni, 30mila capi italiani ma l’obiettivo è più ambizioso. «Per la bresaola tutta italiana – dice Alberto Marsetti, presidente della Coldiretti di Sondrio – vogliamo arrivare presto alla produzione di 500mila bovini all’anno. Si creerà lavoro e soprattutto verrà ricostruita la filiera della carne italiana, ormai quasi scomparsa». Trattativa lunga e difficile, come era un tempo per i divorzi fra gli umani. Tutto inizia nel gennaio 2008, quando l’Europa mette limiti pesanti alle importazioni di carne dal Brasile. La notizia finisce sui giornali e gli italiani scoprono che la carne per la bresaola non viene fornita dai manzi della Valtellina ma da quegli strani animali dalle corna arcuate.
I numeri raccontano che la strada sarà lunga. In Valtellina nel 2016 sono state prodotte 18mila tonnellate di bresaola, 12.700 delle quali sono IGP. Rigamonti Spa è leader, con 110 milioni di fatturato e il 31% del mercato. Tenendo conto che noi usiamo solo una parte dei quarti posteriori – la punta d’anca per portare la bresaola sulle tavole degli italiani e non solo, dobbiamo avere a disposizione circa 6 milioni di bovini. Questo per dire che lo zebù e l’altra carne straniera non scompariranno, almeno per molti anni, dalle nostre tavole. E non è per una questione di prezzo. La bresaola viene venduta cara perché la materia prima che usiamo, italiana o di oltre confine, deve essere di primissima qualità. Negli ultimi 15 anni il consumo è cresciuto – caso unico nel mondo dei salumi – del +43%. La bresaola è presente su otto tavole italiane su dieci. Secondo un sondaggio Doxa del 2016, voluto dallo stesso Consorzio di tutela della Bresaola della Valtellina IGP, l’84% dei consumatori chiedono di “sapere da dove vengano i bovini utilizzati per produrre la bresaola” e vogliono che l’origine sia indicata in etichetta. «Le bresaole Made in Italy al 100% – dice Alberto Marsetti della Coldiretti – avranno l’etichetta’Firmato dagli Agricoltori Italiani’. Anche nell’allevamento da carne, siamo tornati in pista».
Fonte: La Repubblica