L’evoluzione nella gestione dei dati nelle filiere agroalimentari, dal controllo alla garanzia di conformità fino agli sviluppi di comunicazione con il consumatore
La gestione dati è un tema che le filiere agroalimentari conoscono bene, in quanto è condizione sine qua non per dimostrare e assicurare al cliente (GDO e consumatore) la qualità, la food safety, la rintracciabilità e gli aspetti valoriali dei prodotti immessi in commercio. I dati rappresentano l’elemento focale per dimostrare la conformità dei prodotti alle regole definite (disciplinari, capitolati di fornitura, accordi di filiera) e hanno una valenza nell’ambito del controllo, delle garanzie a terzi, della dimostrazione della due diligence.
D’altro canto, però, è maturata la consapevolezza che i dati rappresentano un elemento fondamentale per raccontare la “storia” di un alimento al consumatore. Stiamo assistendo quindi ad una evoluzione della gestione dei dati finalizzata non solo alla conformità per la certificazione ma anche e soprattutto indirizzata a comunicare in modo trasparente alle persone. Il “dato”, pertanto, possiede una duplice valenza: permette il controllo e la garanzia di conformità ai disciplinari di riferimento, identificazione (potenzialmente anticontraffazione, laddove le modalità di identificazione prevedano etichette non manomissibili, non duplicabili etc.) e inoltre diventa strumento di comunicazione.
Parimenti all’evoluzione del concetto connesso alla disponibilità dei dati si è evoluta anche la modalità di gestire gli stessi: dalla carta (ancora troppo diffusa), ai sistemi informatici tradizionali, fino ad arrivare alla nuova frontiera della “digital transformation” che consente la gestione di dati attraverso ad esempio le tecnologie distribuite blockchain, IOT (Internet of Things) e IA (Intelligenza Artificiale). La tecnologia a supporto delle aziende delle filiere è sempre più accessibile, disponibile e fruibile rispetto al passato, ma richiede maggiore competenza e consapevolezza. Inutile negare che la tecnologia ha portato e porta una facilitazione dei rapporti e degli scambi, una velocizzazione delle comunicazioni e una ottimizzazione dei processi, ha però una velocità di evoluzione e di sviluppo enormemente superiore rispetto la capacità di apprendimento degli utilizzatori, per cui, a volte, può generare, in alcuni invidui, i noti fenomeni di neofobia con il conseguente rallentamento del tanto agognato progresso. Le filiere sono per loro natura strutturate, organizzate, vincolate, prevedono una pluralità di operatori ma anche di requisiti a supporto del prodotto, una variabilità di clienti, con esigenze diverse e con vincoli contrattuali differenti. In questi ultimi vent’anni il settore agroalimentare è pian piano passato da una logica di acquisti “aperta” (in base a prezzo e qualità) ad una logica più organizzata (in base ai requisiti valoriali da assicurare).
Le filiere sono strutturate per fornire un prodotto con caratteristiche specifiche, dettate dalle esigenze del mercato, organizzate in maniera tale da assicurare il rispetto dei requisiti. Il rispetto del requisito relativo alla valorizzazione non è “lasciato al caso” ma è organizzato attraverso le fasi di progettazione, programmazione, organizzazione e controllo della filiera.
I punti principali del modello organizzativo sono:
• l’esistenza di un capofiliera che coordina a monte;
• gli operatori sono qualificati dal capofiliera (la filiera è aperta ma ne fanno parte solo gli operatori qualificati);
• fra gli operatori esiste un accordo di filiera che definisce obblighi e responsabilità oltre ai “requisiti” che devono essere rispettati (capitolati di fornitura);
• la gestione dei dati è generalmente distribuita fra i vari operatori della filiera, a supporto della conformità del prodotto, e sono sempre resi disponibili in fase di audit;
• i dati in ogni caso sono accessibili solo per gli operatori della filiera qualificati e abilitati: non sono accessibili a chiunque.
È quindi condizione necessaria che l’applicazione della tecnologia debba essere implementata coerentemente con il modello organizzativo della filiera e non il contrario: costringere il cambiamento del modello sarebbe un grave errore. A questo punto però sorgono due domande fondamentali:
1. Quale tecnologia utilizzare per la gestione dei dati nel rispetto del modello organizzativo della filiera?
2. Scelta la tecnologia: quali gli obiettivi, i vantaggi e i rischi nella implementazione della stessa?
Riguardo la tecnologia, è indubbio che quella che sta emergendo è la blockchain, o più genericamente quella dei registri distribuiti (DLT). La blockchain è certamente utilizzabile come soluzione tecnologica innovativa perchè può valorizzare tutta l’informazione a supporto delle transazioni e delle comunicazioni nell’ambito delle filiere agroalimentari. Il settore agroalimentare necessita, come già affermato precedentemente, di un modello di blockchain che sia coerente con l’impostazione delle specifiche filiere, con la flessibilità tipica degli operatori, con la protezione delle informazioni gestite e con l’originalità e la tipicità tutta italiana. Solo attraverso con una corretta implementazione della blockchain sarà possibile contribuire in maniera efficace alla valorizzazione del rapporto di fiducia fra le parti interessate (aziende, GDO, consumatori e enti istituzionali preposti).
Fonte: Consortium 2019/02