Sono tre i punti chiave legati alla riforma del settore biologico sui quali l’Italia intende combattere in ambito europeo: stretta sui controlli all’import dai Paesi terzi, sistemi di certificazione e soglie di residui nei prodotti bio. A riaccendere l’attenzione sulla riforma che avanza a rilento da un paio di anni, è la nuova presidenza di turno UE dell’Olanda che ha l’obiettivo di raggiungere entro il semestre un accordo sul testo: la trattativa si annuncia non facile per le diverse posizioni di Paesi che richiedono regole più stringenti (come l’Italia) e altri più “permissivi” (come, appunto, l’Olanda). “Serve una riforma chiara e condivisa che tuteli consumatori e produttori europei” afferma il ministro Maurizio Martina, che aggiunge: “Vogliamo lavorare al meglio per salvaguardare un settore in continua crescita. Andrà trovata una sintesi tra posizioni del Parlamento, del Consiglio e della Commissione”.
Nel frattempo prosegue il trend di crescita a due cifre sul lato delle vendite di prodotti biologici: secondo dati Nielsen, presentati ad un convegno organizzato da Assobio alla rassegna Marca di BolognaFiere, nell’anno terminante a novembre 2015 le vendite nella GDO hanno registrato un incremento del +20% per un importo di circa 864 milioni di euro. L’andamento positivo del settore, inoltre, negli ultimi anni ha attirato anche altri operatori a partire dai canali specializzati, che hanno aperto diversi punti vendita nel nostro Paese, non soltanto a insegna italiana. I dati sono assolutamente positivi, ma Roberto Zanoni, presidente di Assobio, ci tiene a sottolineare che “il bio è un sistema anche di valori, rappresenta un’agricoltura in grado di preservare l’ambiente, la biodiversità, capace di rispondere alle sfide globali e in questo modo deve essere considerata anche dalla GDO”, e gli fa eco Roberto Pinton, segretario dell’associazione che afferma: “Se senza iniziative coordinate cresciamo del 20% l’anno con un sufficiente impegno promozionale possiamo davvero offrire al Paese l’opportunità di una grande conversione ecologica della produzione alimentare”.
Fonte: Il Sole 24 Ore – Agrisole