Dopo il ricorso della Germania, la Commissione europea ha dato sei mesi ad Ankara e Berlino per mettersi d’accordo sul riconoscimento del Döner STG o Kebab.
È la pizza al taglio dei tedeschi, il re dello street food, il pranzo volante del manager indaffarato e la cena dello studente squattrinato. Il kebab, che in Germania si chiama anche “dòner“, è un’istituzione, è il sinonimo di un pranzo veloce ma sano. O almeno, più sano di un hamburger al fast food.
E leggenda vuole che la sua variante tedesca sia stata inventato da un immigrato, Kadir Numan, e ovviamente a Kreuzberg, nel cuore turco della vecchia Berlino Ovest. Nel 1972, quando l’area intorno ad Oranienplatz stava diventando “la terza città turca” dopo Ankara e Istanbul, il quartiere turco più popoloso e famoso del mondo, si narra che Numan abbia avuto l’idea di trasformare il kebab in un succulento panino.
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Ma per mezzo secolo, la variante tedesca del dòner ha convissuto pacificamente con quella originale. Finché Ankara, nell’attuale rigurgito nazionalista, ha pensato bene di appellarsi all’Unione europea per veder riconosciuto il marchio di “specialità tradizionale garantita” (STG), con vincoli ben precisi.
Come la pizza napoletana o il jamón serrano. Secondo il Paese di Erdogan, la tradizionale carne montata su un grande spiedo dovrebbe essere, per esempio, rigorosamente di manzo, agnello e pollo, giammai di tacchino o vitello.
Berlino, però, non ci sta. Anche perché più o meno due terzi degli incassi registrati in Europa da vendite di dòner avvengono in Germania: 2,3 miliardi dei 3,5 miliardi del Vecchio continente.
La Commissione europea, dopo il ricorso dei tedeschi, ha dato sei mesi ad Ankara e Berlino per mettersi d’accordo su cosa sia un kebab.
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Fonte: La Repubblica