In effetti da sempre questa è terra di mirabili equilibri culinari che partono dal mondo vegetale, tanto da essere la base di molte delle ricette mediterranee. Ma attenzione ad aggiungere significati alla parola “magro” perché spesso, nelle abitudini contemporanee, gusti e tendenze hanno modificato l’identità e le origini di alcune delle ricette più importanti. Lo dovrebbero sapere coloro che negli ultimi anni hanno comprato, o chiesto al ristorante, del pesto senz’aglio, convinti che la variante valorizzi il profumo del Basilico Genovese DOP.
Eppure il pesto vero era proprio una salsa d’aglio, punto e basta. «Sulle galere genovesi dal Trecento in poi e fino al Settecento, il modo migliore per combattere lo scorbuto era fare un battuto di aglio e sale che serviva come medicina naturale. Lo chiamavano u pestu. L’aggiunta del basilico è solo Ottocentesca», racconta Sergio de La Brinca di Ne, mitica osteria di cucina ligure di terra e forse molto di più di una semplice trattoria. Per fare il pesto con il mortaio, che in origine era dunque un’agliata, il basilico si aggiunge solo dopo aver pestato l’aglio con il sale grosso. Anche perché le foglioline di basilico si ossiderebbero velocemente.
«Vanno messe alla fine insieme al Parmigiano Reggiano DOP, il Fiore Sardo DOP e ai pinoli. E questa pasta che si ottiene va poi allungata con l’extravergine della Riviera, perché deve essere olio leggero, dolce e non fruttato». Fondamentali dunque sono le materie prime: l’aglio, perché è ciò che dà il sapore di base. Che in funzione della stagione e del tipo di aglio scelto può variare molto (se più vecchio ha note marcate, se giovane, invece, note fruttate) . E il Basilico, che deve essere quello Genovese DOP, perché ha caratteristiche adatte al pesto come i suoi profumi che non devono tendere al mentolato.
Fonte: La Repubblica