Carlo Petrini: “Salvare i boschi e le altre coltivazioni solo così nascerà il Barolo del futuro. Non è spostando le piante di Nebbiolo che si supera la sfida della crisi climatica. Bisogna imparare a conservare l’acqua e a ricreare ambienti promiscui tra i filari”.
Da qualche giorno in Langa sembra di essere tornati negli anni 80, quando a dividere i produttori di vino vi era l’eterna disputa fra tradizionalisti e modernisti.
Ma se la memoria del tempo che fu mi porta ad accennare un sorriso divertito, le immagini dei letti asciutti dei fiumi di pochi mesi fa e l’intensificarsi di violente grandinate della scorsa estate spingono ad addentrarmi nella nuova controversia con estrema serietà.
Oggi l’oggetto del contendere è fuoriuscito dalle cantine e riguarda tutti, sebbene nessuno ne sia l’arbitro: il clima.
Il mondo produttivo in Langa, così come in buona parte del globo, ha dunque iniziato a interrogarsi seriamente sul come poter far fronte a una crisi climatica che di anno in anno si manifesta sempre più tremenda e imprevedibile.
Ed ecco che sul primo rimedio proposto dallo stesso Consorzio di Tutela nasce la spaccatura: da una parte chi vuole modificare il disciplinare in vigore dal 2010 e permettere la coltivazione di uve nebbiolo per Barolo DOCG e Barbaresco DOCG anche nei versanti nord delle colline; sull’altro fronte chi contrasta in maniera netta la possibilità di aumentare ulteriormente gli ettari vitati in un territorio già troppo incline alla monocoltura (anche varietale), ponendosi così a difesa della storia, dell’economia e della qualità di questi vini, oggi divenuti simbolo di eccellenza enologica in tutto il mondo.
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La particolarità che ha reso le zone del Barolo e del Barbaresco di così alto pregio enologico è la qualità delle uve coltivate in pochi chilometri quadrati. Uno spazio che ahimè è diventato sempre più inflazionato e che oggi non necessita affatto di sottoporsi a ulteriori rischi che ne comprometterebbero seriamente il suo potenziale.
Il primo rischio è la scomparsa delle già poche zone boschive. Il grande successo dei vini di Langa degli ultimi 30 anni ha portato un ampliamento vertiginoso degli ettari vitati. Spesso non si ha avuto il minimo scrupolo a disboscare e impiantare vigneti. Appare evidente che questa dinamica non ha per nulla favorito il mitigamento climatico e il mantenimento di una sana umidità in queste zone.
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Fonte: La Stampa