L’Unità
Se l’euro, dopo dieci anni, è divenuto uno dei simboli dell’UE e rappresenta un elemento tangibile di coesione fra le nazioni, la PAC, con i suoi cinquant’anni, lo è altrettanto e non solo per 17 dei suoi membri ma per tutti i 27 Paesi.
Non sembrano però pensarla allo stesso modo alcuni Stati che rischiano di creare ulteriore disgregazione e frammentazione all’interno dell’Europa, al pari di quanto hanno tentato di fare i mercati finanziari.
L’oggetto della discordia è la PAC, il contesto è l’approvazione del bilancio europeo, i protagonisti, oltre alle istituzioni di Bruxelles sono la Francia, l’Italia, la Spagna e l’Irlanda da una parte e il Regno Unito, Danimarca, Svezia e l’Olanda dall’altra.
Una contesa tutta politica che mette a nudo le diverse visioni dell’Europa e di come essa dovrebbe agire.
Seppur inferiore ai bilanci di Belgio e Austria e nove volte più piccolo di quello francese, anche il bilancio europeo porta con sé scelte difficili che corrispondono ad un maggiore o minore finanziamento per le diverse politiche comunitarie. Circa metà del budget viene speso in investimenti, in aiuti per le aree più povere e per i costi di amministrazione dell’Unione. L’altra metà tradizionalmente finisce in aiuti all’agricoltura, al cui interno solo una piccola frazione viene usata per finanziare investimenti, mentre la gran parte è spesa per i pagamenti diretti agli agricoltori. Questi sussidi sono particolarmente importanti per Francia e Italia, i due Paesi contrari ad una riduzione del budget destinato alla PAC, voluta invece da Stati tradizionalmente non votati all’agricoltura, come Regno Unito e Paesi Bassi. Si fronteggiano dunque due fazioni, i rigoristi da una parte che chiedono una diminuzione non solo delle risorse destinate alla PAC, ma anche dell’intero bilancio comunitario di 100 miliardi rispetto alla proposta della Commissione e dall’altra coloro che invece sono a favore del mantenimento dello status quo. In particolare, il presidente François Hollande, deciso a voler salvaguardare l’agricoltura francese, pur accettando di fatto una riduzione dei finanziamenti rispetto allo status quo, preme per limitare in modo sostanziale i tagli alla PAC nel quadro del futuro bilancio pluriennale 2014-2020. Decisamente allineata su questa posizione è anche l’Italia. David Cameron invece continua ad attaccare non solo i fondi per la PAC, ma le basi stesse della politica agricola comune, confermando la netta contrarietà del Regno Unito a continuare a finanziare in maniera consistente l’attività agricola. Il primo ministro inglese può contare sull’appoggio di gran parte della propria opinione pubblica, influenzata forse anche da quanto veicolato dai mezzi di comunicazione. Basti pensare che il quotidiano The Guardian qualche giorno definiva la PAC “un enorme grumo di grasso di maiale”, “una tassa feudale”, confortato anche dall’esito di un sondaggio lanciato da Press Europe che dimostra come circa il 58% dei cittadini europei non gradisca il mantenimento di forti sovvenzioni alla politica agricola comune.
A rendere tutto più complicato il fatto che anche tra le istituzioni europee ci sono posizioni contrastanti. Se da una parte la Commissione difende il bilancio per la PAC come una leva per portare avanti le riforme e gli obiettivi previsti per EUROPA2020, il Presidente del Consiglio europeo, dal canto suo, rivendica la necessità di un bilancio moderato e focalizzato sulla crescita, sottolineando come le proprie proposte vadano in questa direzione poiché, pur sottraendo qualche risorsa all’agricoltura, dedicano a lavoro, innovazione e ricerca il 50% in più delle risorse previste nel bilancio 2007-2013. Per il Parlamento europeo, il cui consenso è fondamentale per l’approvazione del bilancio, è invece inaccettabile che l’Europa chieda da un lato maggiori sacrifici per gli agricoltori e dall’altro effettui ulteriori tagli al bilancio della PAC e considera una buona decisione quella di rinviare a gennaio il voto sugli emendamenti alla proposta Ciolos, che permetterà di tenere conto delle nuove proposte di bilancio e discutere in particolare del greening, questione di cruciale importanza e molto dibattuta. Così si è espresso il Presidente della Commissione agricoltura e sviluppo rurale del PE, Paolo De Castro, presente ieri al Forum Nazionale PD sull’Agricoltura, nel corso del quale membri del gruppo S&D del PE, esponenti del PD, tra cui l’On. Stefano Fassina, e diversi esperti, hanno discusso delle priorità da affrontare nel settore agricolo a livello nazionale ma anche della proposta di riforma della PAC, sia rispetto al budget che all’intero impianto.
C’è da augurarsi che l’impegno costante da parte del PD possa essere un valido presupposto affinché un possibile governo di centro-sinistra a guida Bersani, che continui a ritenere “l’agricoltura centrale nell’Europa che vogliamo”, sappia trovare le giuste sinergie con la Francia, come è più volte accaduto nel corso di quest’anno su rilevanti questioni europee, ed esprimersi con una voce sola a Bruxelles per far contare e vincere la propria idea di modello agricolo europeo. Per ora chi sognava l’Europa più coesa sul modello federale USA, dovrà mettersi l’anima in pace.
20121207_Food_Politics.pdf