Trovare un accordo, quanto prima, per il bene di uno dei territori più importanti del vino italiano, la Valpolicella, realtà da 60 milioni di bottiglie, 550 milioni di euro di giro d’affari (il 75% all’export), che oggi il Consorzio della Valpolicella guida e tutela, e che, indiscutibilmente le 13 realtà delle “Famiglie Storiche” (questo il nuovo nome, da ieri, poichè dopo la sentenza del tribunale di Venezia non si possono più chiamare “dell’Amarone d’Arte”) hanno contribuito a costruire ed affermare nel mondo. È l’intento dichiarato, e di buon senso, del Consorzio, guidato da Andrea Sartori, e da Sabrina Tedeschi, presidente delle Famiglie, che, auspicabilmente, dopo le due voci, in contraddizione tra loro, del Tribunale di Venezia (che ha accettato le istanze del Consorzio vietando l’uso, come detto, della dicitura “dell’Amarone d’Arte” alle Famiglie, obbligandole a cambiare nome, rimuovere il logo e non solo) e dell’Euipo (l’ufficio Ue che gestisce i marchi, e che ha ritenuto legittimo, invece, quello delle Famiglie), spiegano a WineNews di voler chiudere quanto prima la partita, magari, e finalmente, fuori dai tribunali.
Certo è che dopo la sentenza di Venezia, la decisione in sede Ue (precedente a quella del Tribunale, ma arrivata in possesso delle Famiglie successivamente), ha cambiato le carte sul tavolo di confronto che si è aperto. “L’obiettivo è trovare un modus vivendi, anzi, io auspico che le aziende delle Famiglie rientrino in Consorzio, e che alcune in futuro siano anche nel Cda, per discutere dei temi che sono pertinenti alla denominazione – rilancia Andrea Sartori – perchè quello è il luogo istituzionale e deputato per farlo”.
Fonte: WineNews