Il 2020, la pandemia e il commercio agroalimentare made in Italy tra Italia e Germania
Il fenomeno ricorrente degli scaffali della pasta vuoti è stato uno di quegli episodi che hanno quasi permesso di mappare la pandemia in tempo reale, e non solo nei supermercati italiani. “L’emergenza della pasta” o “la grande sfida di logistica”, come è stata battezzata dai media in Germania, ha spinto anche i grandi distributori tedeschi a ricercare soluzioni creative. Come riportava il sito ufficiale della multinazionale tedesca Aldi, verso fine marzo del 2020 diversi treni speciali diretti hanno portato, come prima consegna, oltre 60mila pacchi di fusilli, più di 75mila pacchi di penne e 250mila confezioni di spaghetti dall’Italia a Norimberga. A causa della pandemia alcuni prodotti a lunga conservazione hanno visto, come sappiamo, una crescita esponenziale nella domanda, ma non sono sicuramente gli unici a ricordarci l’importanza della partnership tra l’Italia e la Germania.
Sebbene i due Paesi abbiano tradizionalmente mantenuto relazioni commerciali molto solide, il commercio sembra aver raggiunto livelli record proprio negli ultimi anni. Secondo i dati più recenti di Trade Data Monitor, solo in termini di importazioni il valore dei prodotti agroalimentari italiani entrati in Germania nel 2020 si aggirerebbe attorno ai 7,9 miliardi di euro: un aumento del 6% rispetto all’anno precedente. La crescita risulta essere particolarmente significativa, essendo stata realizzata in un anno che ha visto in ginocchio un settore altrettanto importante per il commercio internazionale: il comparto HoReCa. In Germania bar, birrerie e locali serali sono stati le attività colpite più duramente, con un crollo del fatturato di circa il 50% rispetto al 2019. I dati di DeStatis mettono in evidenza quanto la pandemia sia costata al settore nel suo complesso: si tratta di un calo del fatturato totale del 39% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, tenendo sempre conto della crescita iniziale nei primi due mesi dell’anno.
Nella lista “top-ten” dei Paesi fornitori, l’Italia si colloca nella terza posizione, seconda solo a interlocutori commerciali limitrofi come la Polonia e i Paesi Bassi. Allo stesso modo, la Germania ha mantenuto la sua posizione leader, riconfermandosi anche nel 2020 come il primo Paese acquirente di prodotti agroalimentari italiani, con una quota di mercato del 17%. Tra i principali prodotti richiesti dalla Germania, primeggiano il vino, le cui importazioni nel 2020 hanno superato il miliardo di euro, e i beni ortofrutticoli, con un valore di importazioni di un miliardo e mezzo. Seguono le preparazioni a base di cereali come la pasta e i prodotti lattiero-caseari, con valori che si aggirano rispettivamente intorno agli 800 e ai 900 milioni di euro.
Ma quali sono le cause che hanno portato alla graduale evoluzione del trend? Alcune di loro possono essere individuate nell’“identikit” del consumatore tedesco che, tradizionalmente molto orientato al prezzo, è sempre più sensibile alle questioni etico-sociali e flessibile nell’adattarsi alle nuove tendenze. Guardando ai risultati di vari sondaggi, la convenienza nell’acquisto si conferma comunque un elemento rilevante, tanto che nel 2020 il discount ha occupato in Germania oltre il 42% del fatturato complessivo delle vendite. Ma sono sempre più numerosi i consumatori, soprattutto i giovani, che prestano maggiore attenzione ad altri aspetti, come la qualità, l’ecosostenibilità e la provenienza del prodotto.
Se questa “premializzazione” dovesse guidare le scelte dei consumatori anche nel futuro, ci si può aspettare da parte di molti un maggiore interesse per il Made- in, per le origini dei cibi e per la produzione regionale. Questa tendenza non ha spostato l’attenzione dei consumatori solo verso le specialità regionali della Germania, ma anche verso la ricerca di eccellenze di gastronomia tipica di altri Paesi o prelibatezze di piccole realtà locali, fattore che potrebbe rivelarsi determinante anche per l’Italia, Paese leader in Europa per biodiversità e qualità alimentare. A confermarlo sono i dati: il 24% dell’offerta totale di prodotti DOP e IGP commercializzati in Germania è rappresentato da prodotti italiani, secondo e-Ambrosia, il registro delle Indicazioni Geografiche dell’UE. Gode di ottima salute anche il settore biologico, in cui quello tedesco rappresenta il più rilevante d’Europa, grazie ad un boom di vendite nel 2020 che ha fatto registrare un aumento del fatturato del 22%, per un volume di 14,9 miliardi euro. Bisogna tenere conto che nell’anno passato la consa pevolezza di un’alimentazione sana e sostenibile è stata accompagnata dalla necessità del consumatore di cucinare a casa in regime di lockdown duro. Anche se le vendite sono aumentate su tutti i canali, la crescita è stata comunque maggiormente concentrata negli scaffali della grande distribuzione, tra cui i negozi al dettaglio come supermercati, discount e drogherie hanno raggiunto un valore di vendite pari a 9,05 miliardi di euro, ma anche i negozi specializzati hanno visto un aumento significativo del 16%, con un valore di 3,7 miliardi.
La quota di mercato del segmento biologico sul fatturato totale del settore alimentare e bevande in Germania nel 2020 è del 6,4%: dal 2010 c’è stato dunque un incremento di 2,7 punti percentuali ed un aumento effettivo del 58%.
Bisogna sottolineare che anche gli intermediari dell’agroalimentare, che fanno a loro volta sia da grossisti che da dettaglianti, sono molto sensibili nel rispondere alle nuove tendenze, in quanto l’abbinamento qualità-tipicità rappresenta un fattore strategico. I big player del mercato sono coinvolti sempre più frequentemente nella realizzazione di progetti di valorizzazione delle produzioni tipiche, o nell’utilizzo di sistemi di certificazione in grado di garantire in modo sempre più “oggettivo” al consumatore finale le caratteristiche del prodotto.
Nel settore agroalimentare tedesco, le redini sono tenute da una cerchia ristretta di aziende leader: tra queste Edeka, Rewe e Aldi hanno raggiunto in termini di quota di mercato il 69% del settore. Tuttavia, ora che anche per i consumatori teutonici il concetto del “negozio più vicino” sembra essersi spostato sul canale on-line, il contesto competitivo dovrà lasciare spazio alle novità e a soluzioni digitali. La pandemia ha decisamente aumentato il fascino e la comodità dell’e-commerce anche per l’agroalimentare e le vendite su internet hanno raggiunto nel 2020 un fatturato di 2,67 miliardi di euro, traducibile in una crescita del 29% rispetto all’anno precedente. Mentre i grandi supermercati online stanno rapidamente conquistando consumatori, sono numerosi anche i siti web specializzati, dedicati a prodotti più specifici e di alta qualità: molti di loro interamente riservati alle specialità italiane.
Al servizio della comunicazione dell’eccellenza del made in Italy in Germania si conferma sempre l’Italian Trade Agency; nonostante lo scenario incerto abbia evidenziato la necessità di essere flessibili e adattarsi a nuove modalità, l’agenzia partecipa attraverso la promozione dei prodotti in fiere importanti a livello globale nel settore Food & Beverage, come l’ANUGA a Colonia, Prowein a Düsseldorf o la Biofach di Norimberga, adottando ove necessario nuove modalità di partecipazione in forma virtuale. L’agenzia ha inoltre intrapreso importanti collaborazioni con grandi attori del mercato come Edeka o il gruppo KaDeWe: quelle già in corso hanno portato degli ottimi risultati.
A cura di Agenzia ICE Berlino
Fonte: Consortium 2021_02