AGRISOLE – Il Sole 24 ORE
Il mercato alimentare interno è diventato magro in quantità e qualità: da un quadriennio, i volumi flettono mediamente di quasi due punti l’anno. L’unica via d’uscita è l’export. Il Convegno «Food and beverage – Quali strumenti per essere competitivi» tenutosi a Verona il 29 giugno scorso, ha focalizzato i problemi dell’interscambio alimentare con l’area dell’Est Europa e della Russia in particolare, con speciale riferimento ai problemi della logistica. Il Pil russo è cresciuto del 4,5% nel 2011, mentre i consumi 2012 stanno salendo del 10 per cento. La Russia ha raggiunto l’11° posto tra gli sbocchi del «food and drink» italiano, ma è in pole position fra i mercati più promettenti. L’export alimentare in Russia coniuga livelli ormai importanti (l’anno scorso la quota ha sfiorato i 420 milioni) a tassi di crescita molto significativi. Dal 2001 a questa parte, con la sola eccezione dell’ anno di più forte impatto della crisi internazionale, il 2009, il passo dell’export è sempre stato a due cifre. E nel 2011 la crescita delle esportazioni dell’ industria alimentare sul mercato russo è stata del 25,3 per cento. Tra il 2000 e 2011 dunque il balzo è stato del 554%, contro l’87% segnato dal settore a livello «mondo». Il peso dell’alimentare all’interno dell’export nazionale sul mercato russo è quasi raddoppiato, passando, dal 2,5% del 2000, al 4,5% del 2011. Sono confronti che evidenziano l’elevata potenzialità globale del mercato russo e gli spazi aggiuntivi riservati all’alimentare nazionale. La parte del leone è del comparto enologico: nel 2000 rappresentava il 23% dell’export, nel 2011 è arrivato oltre il 36 per cento. La quota 2011 nella «torta» dell’export alimentare è stata schiacciante. Il fenomeno caratterizza anche altri mercati importanti e comporta nel tempo un rischio e cioè l’eccessiva dipendenza dal vino del flusso di export. Il fenomeno ha già esposto 10-15 anni fa le esportazioni agroalimentari italiane a forti oscillazioni, legate proprio alla volatilità del mercato russo degli alcolici. Un aspetto positivo è l’aumento del valore unitario dei prodotti. Per il vino, in particolare, nel 2011 l’apprezzamento ha superato il 42 per cento. Le etichette made in Italy non sono invece competitive nella fascia bassa di mercato, dove si affaccia la nuova concorrenza dei paesi emergenti. Nel 2012 però si segnalano i primi rallentamenti sul mercato russo. Mentre nel 1 ° trimestre, a livello mondiale, l’export alimentare ha continuato a crescere dell’8,9% (un tasso interessante, anche se in rallentamento rispetto al +10,0% messo a segno nel 2011), quello diretto in Russia ha invertito la marcia con un calo del 2,8 per cento. A pesare è stata, in particolare, la caduta verticale dell’ export enologico, che si è quasi dimezzato, segnando un crollo del 48,2% in valuta rispetto al 1° trimestre 2011. Le quantità esportate si sono mosse in modo analogo, per cui i valori unitari del comparto enologico hanno «tenuto» e anzi hanno segnato un leggero apprezzamento. Il presidente di Federvini, Lamberto Vallarino Gancia, ha accennato alle tensioni dell’export in Russia di vini, liquori e acquaviti e che si estendono anche agli altri paesi aderenti all’Unione doganale, Kazakistan e Bielorussia. Gancia si è riferito in particolar modo ai disagi legati al sistema, più volte modificato di rilascio delle licenze di importazione. Estenuanti iter burocratici per il rilascio o il rinnovo in molti casi hanno magazzini doganali o in viaggio, con oneri di sosta molto pesanti.
Le stesse difficoltà si avvertono con i contrassegni, cambiati più volte nel corso degli ultimi anni e che saranno modificati ancora, come prevede la nuova legislazione, dal prossimo 1′ gennaio 2013 senza misure transitorie che assicurino il normale esaurimento delle confezioni esistenti. Ostacoli di questa natura hanno penalizzato soprattutto i piccoli e medi operatori, che in Italia sono la maggioranza dei produttori vinicoli.
Sono ostacoli che con l’aiuto delle Dogane e dell’ Amministrazione russa, come è stato sottolineato nel convegno, potranno essere probabilmente risolti. Tanto più, considerando che essi rallentano gli scambi in un contesto che ha visto nel dicembre 2011, dopo 18 anni di negoziati, l’annuncio dell’entrata della Russia nel WTO.