Dop economy, Rapporto Ismea-Qualivita: nella top ten tutti i prodotti che l’Europa vuole bocciare col Nutri-score
Chi ha ironizzato o ha inarcato il sopracciglio quando si è saputo che il vecchio Mipaaf si sarebbe chiamato ministero delle Politiche agricole e della sovranità alimentare forse non ha considerato il perimetro economico degli interessi in gioco. Chi pensa che siano inutili le battaglie in Europa per fermare la carne sintetica, le farine di insetti, il latte creato in laboratorio, le etichette che promuovono solo gli alimenti iper-processati prodotti dalle multinazionali della nutrizione, forse non conosce questi numeri.
Il ventesimo Rapporto Qualivita-Ismea sulla Dop-economy a chiarire le idee ricordando che i prodotti a marchio sono l’innesco dell’agroalimentare italiano: una filiera complessiva stimata in 5oo miliardi, poco meno di un terzo del Pil. Lo ha confermato il ministro all’agricoltura e alla sovranità alimentare Francesco Lollobrigida che ha ribadito: «L’analisi del XX Rapporto Ismea-Qualivita dimostra ancora una volta come grazie alla distintività e alla tradizione delle nostre produzioni il made in Italy si dimostri vincente in Italia e all`estero, con numeri in netta crescita rispetto agli scorsi anni».
I DATI
Vediamoli questi numeri sa- pendo che oggi con il XX Forum Coldiretti-Ambrosetti saranno ribaditi e amplificati. Dopo la pausa del 2020 dovuta al lockdown e alla frenata delle attività dell’horeca – canale privilegiato per la distribuzione dei prodotti a marchio DOP e IGP – il rimbalzo del 2021 è stato poderoso e per i primi nove mesi di quest’anno si è confermato. Come ha mostrato nella sua analisi Fabio Del Bravo (Ismea) il comparto cresce per dimensioni e per volumi. Lo scorso anno il valore della produzione si è attestato a 19,1 miliardi di euro con un incremento del 16,1% e l’export è aumentato del 12,8% toccando i 10,7 miliardi. Sono cresciute anche le denominazioni. Nel vino siamo a quota 526, nel cibo a 319. Nessun paese europeo fa altrettanto.
Un fattore fondamentale è che si sta alzando la quota di produzione alimentare contrassegnata da marchio europeo: siamo al 22%, il traguardo di un quarto è vicinissimo; in aumento la platea dei Consorzi di tutela (sono 291) ma soprattutto degli operatori 198.842. Le quattro regioni del Nord-Est rafforzano il ruolo di traino superando per la prima volta complessivamente i lo miliardi di euro. Salgono anche Nord-Ovest (+10,8%) e Centro (+15,5%). Particolarmente significativo il dato per Sud e Isole, unica area in crescita nel 2020 (del +7,5%), nel 2021 segna un ulteriore +13,2%.
Un dato molto significativo è quello del Friuli Venezia Giuria dove il 68% della produzione agroalimentare è coperta da marchi europei. La maggior quota è del vino che vale 6,29 miliardi all’export e 11 miliardi complessivamente, ma con una particolarità: mentre quasi il 6o% del vino esportato va fuori dall’Europa, per il cibo è esattamente il contrario. Un dato molto positivo è l’aumento di fatturato che i prodotti a marchio hanno nella grande distribuzione (eccezion fatta del vino che è in calo del 5,2% quest’anno) dove si sono toccati nei primi nove mesi di quest’anno i 5,2 miliardi con tutte le referenze in crescita tranne l’ortofrutta che soffre anche nell’export.
Mauro Rosati – direttore della Fondazione Qualivita – insiste su un aspetto decisivo: il valore di filiera delle denominazioni. Il 92% della materia prima è di origine italiana e un euro ogni 5 di fatturato agroalimentare deriva dalle produzioni a marchio.
Questo – a parere anche del presidente di Fondazione Qualivita Cesare Mazzetti – pone l’esigenza di rafforzare i Consorzi, di trovare nuove forme di promozione (i nuovi mezzi al servizio dei prodotti tradizionali), di rafforzare la tutela e di aggiornare i disciplinari. Lavoro che è stato fatto da Qualivita soprattutto in collaborazione con Origin-Italia (l’associazione dei Consorzi presieduta da Cesare Baldrighi).
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Fonte: La Verità