Il Cibus di Parma, la rassegna più importante sul food, a livello italiano, ha chiuso ieri le sue porte. Come avevo anticipato la scorsa settimana, è tempo di fare bilanci che possono tracciare buone rotte per il futuro. I 4 giorni di Parma, che ho passato fra convegni, conferenze e stand, mi hanno infuso una ventata di ottimismo.
Nonostante la crisi economica generale, ancora presente, le reazione e la tenuta di questo settore sono state superiori a qualsiasi altro, e questi giorni di fiera lo hanno dimostrato. Per superare le difficoltà molte aziende hanno scommesso sulla qualità, non cercando la strada del marketing o del packaging per coprire un vizio iniziale di un prodotto (magari la scarsa qualità). C’è uno sforzo apprezzabile da parte delle grandi imprese alimentari per una migliore comunicazione verso i consumatori che possa trasferire più conoscenze ed una maggiore trasparenza su i cibi che vengono messi in tavola. Questa trasformazione in atto nel settore è ben riassunta nelle parole dell’amministratore delegato di una delle più grandi aziende alimentari, Claudio Palladi della GSI (Grandi Salumifici Italiani) : “le nostre aziende attraverso i prodotti cercano di raccontare le storie dei territori italiani, con la qualità e le capacità professionali che ci contraddistinguono dal resto del mondo”. Ed è vero, il cibo italiano, nella stragrande maggioranza, racconta la vera Italia, mentre tanti altri settori come la moda o la meccanica raccontano un Italia che del nostro Paese ha sempre meno, avendo ormai scelto la Cina, l’Europa dell’Est o l’America come luoghi di produzione. Forse si tratta di una sottile differenza, ma che nel PIL italiano fa sostanza. E, alla luce di ciò, ci dispiace, senza polemiche, che il mondo politico abbia quasi completamente disertato la kermesse parmense, ignorando quei milioni di addetti che lavorano ogni giorno in questo settore che, ricordiamolo, non fa cassa integrazione e non riceve nessun tipo di incentivo pubblico. Vorrei quindi suggerire al Presidente del Consiglio, che in questi mesi si è lamentato del negativismo che per forza di cosa ha contraddistinto tutti noi, che se fosse passato da CIBUS avrebbe sentito un po’ di quel moderato ottimismo sul futuro che tanto andava cercando.