Anche il Forum internazionale dell’agricoltura organizzato dalla Coldiretti la scorsa settimana è stato l’ennesima occasione per parlare di un argomento che ormai come un “jolly” si inserisce bene in qualsiasi discorso e contesto: l’agropirateria.
È stata anche l’occasione per ribadire dati e cifre, che con la solennità con cui vengono enunciati, sono recepiti come oro colato. Miliardi di contraffazioni, milioni di prodotti, come se qualcuno fosse davvero in grado di poter analizzare un fenomeno così ampio ed eterogeneo: qualunquismo a iosa. Ma d’altronde si sa che le cifre, soprattutto se sconvolgenti come queste, hanno sempre il loro effetto. A me colpisce invece vedere che tanti numeri, tante parole, alla fine non portano mai a niente di concreto; se non accompagnati da azioni mirate, i dati servono a poco, le prese di posizione di politici, associazioni, Ue, restano parole al vento. Bisogna partire dalla consapevolezza che solo i nostri prodotti possono sconfiggere le loro stesse imitazioni. Sono le nostre mozzarelle, i nostri prosciutti e formaggi che devono poter arrivare laddove le contraffazioni ottengono più successo. Per fare questo è necessario un cambiamento all’interno delle strategie politico-economiche: in primo luogo c’è bisogno che accordi commerciali seri fra Paesi abbattano una volta per tutte quelle barriere che per ora bloccano le nostre eccellenze alle dogane, dove spesso prodotti freschi restano fermi dei giorni prima di arrivare a destinazione, compromettendone l’indiscussa qualità. In secondo luogo è importante che all’interno delle trattative del WTO tali politiche abbiano un peso sempre maggiore e che una stretta e seria collaborazione tra i Paesi renda possibile l’adozione di risoluzioni in materia. Provate a fare una semplice riflessione: solo via internet in Italia arrivano dall’America o dalla Cina milioni di smartphone, lettori mp3, computer, senza nessun tipo di restrizione, che non apportano all’economia italiana nessun beneficio. Mentre il solo pensare di inviare negli stessi Paesi un prodotto agroalimentare ha un costo notevole, spedirlo poi diventa un’impresa colossale! La morale di tutto ciò è semplice: finché non ci sarà reciprocità vera negli scambi fra le nazioni, noi saremo sempre perdenti perché non è colpa nostra se nei campi italiani non nascono ipod ma solo frutta e verdura di ottima qualità