L’economia italiana va male e su questo non ci sono dubbi ma non mancano i settori che continuano a far bene. Si tratta di industrie particolarmente forti che riescono a prosperare nonostante le difficoltà sul mercato interno – caratterizzato da consumi deboli – e gli ostacoli su quelli esteri, dove il numero e l’intensità delle guerre commerciali è in decisa crescita. Fra queste spicca il comparto agroalimentare, non a caso uno dei fiori all’occhiello del Made in Italy non solo dal punto di vista commerciale ma anche culturale. Secondo le stime Istat rielaborate dall’Osservatorio Tuttofood, l’anno scorso l’agroalimentare ha fatto registrare un tasso di crescita più che doppio rispetto al PIL nazionale (+2,2% contro +0,9%), superando per la prima volta la soglia dei 140 miliardi di euro. Un risultato raggiunto nonostante le pratiche sleali di numerose aziende straniere che sfruttano il prestigio del marchio Made in Italy per vendere quello che Made in Italy non è, il cosiddetto “italian sounding”.
A trainare le vendite è stato soprattutto l’export che, sempre in base alle rilevazioni dell’Osservatorio Tuttofood, ha compiuto un balzo del +3,6% a 56,3 miliardi, un valore pari al 12,2% di tutte le esportazioni italiane. Solo la metalmeccanica, la chimica e la moda sono riuscite a fare meglio. Le prime tre regioni esportatrici sono state nell’ordine Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, mentre i principali mercati di destinazione sono stati la Germania, che ha comprato il 14,8% del totale dell’export agroalimentare italiano e la Francia (11,1%). Con una quota di mercato pari al 5,8%, l’Italia occupa saldamente la quarta posizione nella classifica dei maggiori esportatori al mondo di prodotti agroalimentari dopo Germania, Francia e Paesi Bassi e prima di Stati Uniti e Cina. L’Istat rileva anche che dal 2000 a oggi le esportazioni agroalimentari sono cresciute di oltre due volte e mezza (2,66) contro 1,76 volte del settore industriale nel suo complesso.
Ancora migliori sono state le performance di determinati prodotti. Il settore vinicolo tricolore, ad esempio, ha archiviato un 2018 da record. Secondo elaborazioni dell’Osservatorio Wine Qualivita su dati Istat, le esportazioni sono state pari a 6,2 miliardi di euro, ben 200 milioni in più dei dodici mesi precedenti (+3,3%). Sono andate molto bene le due principali destinazioni del vino italiano, Stati Uniti e Germania, entrambe cresciute in valore del +4%. È stato positivo anche l’export verso Paesi concorrenti come Francia (+10,1%) e Australia (+18,5%); mentre tra i mercati con tassi di crescita più elevati si segnalano Polonia (+23,3%) e Corea del Sud (+14,6%).
Altre eccellenze nel campo alimentare sono la pasta, i formaggi e le conserve e anch’esse hanno archiviato un 2018 da incorniciare e va segnalato anche l’exploit dei salumi, come confermano i dati dell’associazione di categoria Assica: nel periodo gennaio-settembre 2018 sono state inviate all’estero oltre 110.000 tonnellate di prodotti di salumeria (+3,6%) per un fatturato di circa 860 milioni di euro (+3,3%).
Fonte: Repubblica – A&F